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Il consigliere politico dell’ayatollah Ali Khamenei, Ali Shamkhani, è vivo ma gravemente ferito. Lo ha riferito l’agenzia iraniana Tasnim, smentendo le notizie iniziali sulla sua morte. Secondo la testata, Shamkhani è rimasto coinvolto nell’attacco israeliano del 13 giugno e le sue condizioni, pur critiche, si sono stabilizzate. «Il team medico ha riferito che le ferite sono sotto controllo», si legge nel comunicato pubblicato su X.
Nel frattempo, la reazione ufficiale dell’Iran si fa sempre più dura. Il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, ha accusato apertamente Israele di aver utilizzato «armi fornite dagli Stati Uniti» in quella che ha definito «una palese aggressione contro civili innocenti». Secondo Baghaei, l’attacco è avvenuto «mentre il nostro popolo dormiva, alla vigilia di una festività», e ha causato la morte di «numerosi cittadini, tra cui personalità importanti».
Washington nel mirino – Il funzionario iraniano ha inoltre affermato che l’offensiva «non può essere avvenuta senza il sostegno diretto degli Stati Uniti», definendo gli Stati Uniti «parte integrante dell’aggressione». Una posizione che rischia di far naufragare i timidi tentativi diplomatici in corso.
Richieste all’Europa – In un successivo intervento, Baghaei ha chiamato in causa anche Regno Unito, Francia e Germania, chiedendo ai tre Paesi europei di «condannare con chiarezza i crimini del regime sionista» e in particolare «l’attacco al sito nucleare di Natanz». I tre governi si erano resi disponibili a nuovi colloqui con Teheran, ma la posizione iraniana sembra ora irrigidirsi.
Crisi energetica in arrivo: rischio petrolio a 300 dollari
Nel frattempo, l’escalation militare rischia di provocare uno shock energetico globale. Il ministro degli Esteri iracheno Fuad Hussein, in una telefonata con l’omologo tedesco Johann Wadephul, ha avvertito che il prezzo del petrolio potrebbe impennarsi tra i 200 e i 300 dollari al barile in caso di chiusura dello Stretto di Hormuz. Il blocco comporterebbe l'interruzione di circa 5 milioni di barili al giorno provenienti da Iraq e Paesi del Golfo.
Secondo Baghdad, l’intensificarsi del conflitto tra Iran e Israele sta già generando ripercussioni sull’inflazione globale, danneggiando sia i Paesi produttori che quelli importatori di greggio. Hussein ha inoltre ribadito la condanna per l'attacco militare israeliano, parlando di «grave violazione del diritto internazionale e della sovranità dei Paesi vicini, in particolare dell’Iraq».
Verso un conflitto su larga scala? – Il ministro iracheno ha messo in guardia la comunità internazionale: la spirale di violenza in corso non favorisce alcuna stabilità regionale, ma al contrario potrebbe innescare una guerra estesa, con gravi conseguenze economiche e di sicurezza per l’intero Medio Oriente e il mondo.