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Si è concluso a Istanbul il processo-farsa contro l’associazione degli avvocati progressisti turchi (Chd), un iter lunghissimo durato nove anni (la prima udienza risale addirittura al 2013). Naturalmente si tratta di una sentenza già scritta, una sentenza tutta politica, ma anche di un avvertimento da parte del regime del “sultano” Erdogan a tutti i suoi oppositori e a chi ha l’ardire di difenderli in nome del diritto alla difesa e al giusto processo. In Turchia la giustizia e la politica sono un unico mostro intrecciato, e quasi nessun magistrato prende decisioni che possano irritare o scontentare il governo. Se finisci nel mirino delle autorità, neanche un miracolo può riuscire a salvarti. Sono così ventidue le condanne emesse oggi pomeriggio dalla 18esima corte penale che si è riunita nell’aula bunker del carcere di Sliviri, tutte pesantissime e con l’accusa di “appartenenza a organizzazione terroristica”, “propaganda” e “crimini di resistenza”. Rimarranno in prigione, nella famigerata struttura penitenziaria, piena zeppa di prigionieri politici e di figure invise a Erdogan e al suo clan, dissidenti, giornalisti, professori universitari e, per l’appunto, gli odiati avvocati difensori. Tra le figure più note finite alla sbarra c’è quella di Selcuk Kozagacli, (presidente del Chd) che è stato condannato a un totale di 13 anni, Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik l’avvocata morta in prigione nel 2020 dopo oltre 200 giorni di sciopero della fame, ha ricevuto un totale di 20 anni e sei mesi, Oya Aslan 16 anni e sei mesi. La cosa sconvolgente è che l’intero processo si fonda su prove inesistenti, con il supporto di testimoni di cui nessuno conosce l’identità e mai portati in udienza, sono una quarantina e un terzo di loro è stato ascoltato unicamente dall’ufficio del pubblico ministero. Gli avvocati denunciano decine di testimonianze estorte con la forza o con la tortura. Inoltre i documenti incriminanti sono stati prodotti direttamente dalla polizia turca e non avrebbero alcuna rilevanza in un sistema giudiziario democratico costruito sullo stato di diritto. Come ad esempio i Paesi bassi che alcuni anni fa li ritennero del tutto inattendibili in un processo per terrorismo internazionale. L’impianto dell’accusa oltre a occuparsi dei singoli casi ha voluto dimostrare (non riuscendoci) che la stessa Chd, animata da legali laici e di ispirazione progressista, sarebbe un’organizzazione tesa a rovesciare il potere o comunque a diffondere in Turchia propaganda eversiva.