La vicenda giudiziaria che coinvolge il giornalista turco Fatih Altayli, uno dei volti più noti dell’informazione indipendente del Paese, segna un nuovo capitolo nel rapporto sempre più teso tra stampa e potere.

Dopo 158 giorni di detenzione, il tribunale ha inflitto al cronista una condanna a quattro anni e due mesi per presunte minacce al presidente Recep Tayyip Erdogan, formulate in un video pubblicato sul suo canale YouTube. Nonostante la pena sia inferiore ai cinque anni, soglia che in Turchia consente la sospensione condizionale, il giudice ha confermato la permanenza in carcere.

Altayli si è presentato in aula respingendo fermamente l’interpretazione accusatoria. Ha spiegato che le sue parole non intendevano rappresentare una minaccia, ma un riferimento storico, chiedendo la scarcerazione immediata. Una difesa che non è bastata. Il pubblico ministero aveva chiesto cinque anni pieni: la condanna è stata leggermente inferiore, ma la custodia continua.

La frase contestata

Le parole che hanno portato Altayli davanti ai giudici risalgono al 21 giugno. Nel suo video, il giornalista affermò che «il 70% del popolo non vuole che Erdogan rimanga al potere per tutta la vita» e che, nella storia ottomana, i governanti indesiderati «potevano finire strozzati», ricordando come diversi sovrani fossero stati assassinati o indotti al suicidio. Per la procura, quel riferimento storico costituirebbe un’allusione minacciosa al destino del presidente turco. Per la difesa, invece, si tratta di un’analisi politica e culturale, e non di un incitamento alla violenza.