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Padre con figlio in braccio morto durante gli attacchi di Israele su Gaza
Le Forze di difesa israeliane hanno colpito duramente la Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore, uccidendo 148 persone in diverse aree dell’enclave. Tra gli attacchi più gravi, un raid ha colpito un gruppo di sfollati nei pressi del mercato Al Faluja, nel campo profughi di Jabaliya, causando almeno cinque morti. Le operazioni di terra sono state estese anche a Khan Yunis, nel sud della Striscia.
In parallelo, il governo israeliano ha annunciato l’autorizzazione temporanea all’ingresso di una “quantità base” di cibo, dopo oltre due mesi di blocco totale degli aiuti. «Non possiamo permettere che si sviluppi una crisi di carestia», ha dichiarato il premier Benjamin Netanyahu, che ha giustificato la decisione con «la necessità operativa di proseguire i combattimenti per sconfiggere Hamas». Tuttavia, Israele ha specificato che impedirà al gruppo palestinese di gestire la distribuzione degli aiuti.
Secondo Haaretz, la decisione ha suscitato divisioni interne al gabinetto di sicurezza. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha chiesto un voto per bloccare la misura, ma Netanyahu ha respinto la proposta. L’apertura durerà una settimana, in attesa della creazione di centri di distribuzione controllati.
Manifestazioni in tutto il mondo
La pressione internazionale cresce. Manifestazioni si sono svolte in decine di città: da New York a Londra, da Torino a Istanbul, mentre al valico di Rafah, al confine con l’Egitto, si trova la Carovana per Gaza, con delegazioni parlamentari italiane. Da lì, Marco Grimaldi (Avs) lancia l’allarme: «Gaza sta morendo sotto i nostri occhi. È il momento di un vero cessate il fuoco. Fermiamo il piano di annessione di Netanyahu».
Anche il Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha parlato di situazione “drammatica”, chiedendo di “fermare la guerra” e auspicando un cessate il fuoco temporaneo che consenta il respiro necessario alla popolazione.
Ex ostaggio chiede lo stop del conflitto
Sul fronte interno israeliano, crescono le tensioni. L’ex ostaggio Arbel Yehoud, liberata a gennaio da Khan Yunis, ha chiesto pubblicamente uno sciopero generale e la sospensione della nuova offensiva militare, denunciando in Parlamento le condizioni dei 58 ostaggi ancora detenuti da Hamas. «Quando a Gaza venivano feriti parenti dei miei carcerieri, io venivo picchiata e isolata. Se non fermerete questa guerra, le vostre mani saranno sporche del loro sangue», ha detto.