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KARIM AHMAD KHAN PROCURATORE CAPO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
La Corte penale internazionale ha pubblicato il rapporto sulle attività svolte nel 2025. Il documento è intitolato “Giustizia resiliente”. La scelta del titolo pare non essere casuale, se si pensa ai continui attacchi ai quali è sottoposta la Corte dell’Aia, di recente definita da più parti inutile e politicizzata. La Cpi è resiliente e, in un momento in cui le macerie di Gaza sono ancora fumanti e la guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina è arrivata quasi al quarto anno, non smette di lavorare. È anche questo il messaggio che si vuole lanciare dall’Olanda, evidenziando i risultati sostanziali ottenuti in un anno caratterizzato, oltre che da conflitti crescenti, da richieste investigative e tentativi di indebolire il mandato indipendente della Corte.
L’ufficio del procuratore Karim Khan ha rivolto l’attenzione ad una ventina di Stati. Non mancano nel rapporto di 104 pagine i paragrafi dedicati allo Stato di Palestina, all’Ucraina e al Venezuela. «Nell'ultimo anno – ha spiegato la Procuratrice aggiunta Nazhat Shameem Khan, durante la presentazione del report -, il nostro ufficio ha dovuto affrontare sfide senza precedenti, ma il nostro impegno per la giustizia non è mai venuto meno. Attraverso indagini rafforzate, abbiamo ottenuto un maggior numero di arresti. Traguardi importanti che hanno continuato a garantire l’accertamento delle responsabilità per i crimini più gravi».
Attualmente sono 32 i mandati di arresto pendenti davanti alla Cpi. Un numero, fanno sapere dall’Aia, che dimostra un «aumento significativo della produzione operativa dell’ufficio». Tra gli arresti spiccano quello dell’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Roa Duterte, avvenuto a marzo, e del libico Khaled Mohamed Ali El Hishri, esponente delle forze speciali, accusato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella famigerata prigione di Mitiga. Ali El Hishri è comparso ieri davanti alla Camera preliminare I. In occasione della presentazione del rapporto “Giustizia resiliente”, la Cpi ha sollecitato Tripoli a consegnare Osama Almasri, ex direttore del carcere di Mitiga, accusato a sua volta di omicidio, tortura, violenze sessuali e persecuzione.
Almasri è destinatario di un mandato di arresto internazionale ai sensi della Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in base alla quale, nonostante la Libia non abbia ratificato lo Statuto di Roma, per i crimini internazionali commessi dalla caduta di Gheddafi la giurisdizione è deferita all’attenzione del Procuratore della Cpi. Il Tribunale ha lamentato scarsa collaborazione da parte della Libia, evidenziando che l’ufficio del Procuratore generale di Tripoli non ha ancora fornito chiarimenti sulle procedure nazionali avviate né sulla disponibilità a collaborare con la Cpi.
Quest’anno, inoltre, si è giunti alla condanna di Ali Muhammad Ali Abd- Al- Rahman (noto anche come Ali Kushayb), alto dirigente della milizia filo- governativa Janjaweed, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Si è trattato della prima condanna relativa ai massacri nel Darfur, in Sudan, a seguito della procedura di deferimento da parte Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite alla Cpi. Il caso di Al- Rahman si riferisce pure alla prima condanna per persecuzione di genere.
Alla Cpi sono giunte 83.119 segnalazioni e oltre 570mila file elettronici caricati sulla piattaforma OTPLink, che è in grado di analizzare informazioni su presunti crimini guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione, presentate da qualsiasi fonte. Le segnalazioni possono essere fatte sia durante gli accertamenti preliminari sia nel corso delle indagini.
«I risultati del rapporto – ha commentato Procuratrice aggiunta Nazhat Shameem Khan – costituiscono solide basi per ulteriori progressi da fare nel futuro prossimo. Sono fondamentali la collaborazione e il dialogo costanti tra la Corte, gli Stati parte, le organizzazioni della società civile e le comunità colpite per portare avanti la battaglia, a livello globale, contro l’impunità. Siamo orgogliosi della resilienza del nostro personale e profondamente grati a tutti i nostri partner il cui sostegno ha reso possibili i risultati di quest'anno. Siamo riusciti a tagliare traguardi importanti e ribadiamo a tutti i sopravvissuti e alle comunità colpite dai crimini che ci impegneremo a portare avanti il nostro lavoro anche nel 2026 e negli anni a venire».
Intanto, l’Assemblea nazionale del Venezuela ha avviato il procedimento di abrogazione della legge di ratifica dello Statuto di Roma. È il primo passo ufficiale per il ritiro formale del Paese sudamericano dalla giurisdizione della Cpi. La decisione parlamentare arriva in risposta all'annuncio del procuratore aggiunto della Corte penale internazionale, Mame Mandiaye Niang, che ha confermato la chiusura dell'ufficio della Corte a Caracas a causa della mancanza di cooperazione da parte del governo di Nicolás Maduro. Il presidente venezuelano è sotto inchiesta per presunti crimini contro l’umanità commessi almeno dal 2014.


