La vicenda che ruota intorno alla nomina di Alina Habba come procuratrice federale del New Jersey si è trasformata nell’ennesimo terreno di scontro istituzionale per l’amministrazione guidata da Donald Trump. La Corte d’appello federale con sede a Philadelphia ha stabilito che l’avvocata personale del presidente ha esercitato il ruolo in maniera illegittima, confermando il verdetto di primo grado che già aveva definito la procedura utilizzata dalla Casa Bianca come un aggiramento delle norme federali.

La decisione, che il collegio giudicante ha motivato sottolineando il diritto dei cittadini «a chiarezza e stabilità», colpisce uno dei tasselli della strategia con cui Trump ha ripetutamente tentato di mantenere in carica procuratori federali senza passare né per il voto del Senato né per la nomina diretta dei tribunali distrettuali. Habba, 41 anni, era una delle figure più vicine al presidente, già nota per averlo difeso in diversi procedimenti civili e per aver avuto un ruolo pubblico nella campagna del 2024, pur senza una pregressa esperienza nel diritto penale.

Proprio questo aveva portato un gruppo di avvocati del New Jersey – Abbe Lowell, Gerald Krovatin e Norm Eisen – a contestare la sua nomina, denunciando l’irregolarità del percorso scelto dalla Casa Bianca. La sentenza d’appello dà loro piena ragione: il governo avrebbe tentato di piegare le regole per inserire nel ruolo figure di fiducia, più per convenienza politica che per merito professionale.

Nel frattempo, nei tribunali del New Jersey era calato un clima di incertezza. Alcuni procedimenti penali avevano subito rallentamenti, e le udienze dei grandi giurì erano state sospese proprio in attesa che si chiarisse la legittimità della procuratrice. Ora la Corte ha sciolto il nodo, ma resta da capire se e come la decisione impatterà sui fascicoli aperti nei mesi del suo mandato provvisorio.

Il caso di Halligan

Il caso di Habba richiama da vicino quello di Lindsey Halligan, procuratrice federale in Virginia, anch’essa nominata da Trump bypassando i vincoli di legge che impedivano una seconda nomina ad interim da parte del Dipartimento di Giustizia. Anche in quel caso la gestione fu considerata irregolare, con un pesante strascico giudiziario. Non a caso il Dipartimento ha già annunciato ricorso anche sulla posizione di Habba, determinato a ottenere dalla Corte Suprema una lettura più favorevole del complesso equilibrio tra poteri esecutivo e giudiziario.

La ricostruzione degli ultimi mesi rende evidente l’escalation istituzionale. Dopo la nomina provvisoria di marzo, Trump aveva confermato Habba nella posizione in via permanente, ma l’iniziativa era stata bloccata dai senatori democratici Cory Booker e Andy Kim. A luglio, i giudici del Distretto del New Jersey avevano rifiutato di estendere il mandato alla procuratrice, preferendo affidare l’incarico all’esperta Desiree Leigh Grace. Una decisione accolta con furia dalla procuratrice generale Pam Bondi, che aveva rimosso Grace e rimesso Habba in carica violando però, secondo la Corte, precise disposizioni federali.