È ancora caos negli Stati Uniti sul fronte dei dazi commerciali, con l’ex presidente Donald Trump al centro di uno scontro istituzionale che coinvolge giustizia federale, Casa Bianca e Corte Suprema. Al centro della contesa: l’autorità presidenziale di imporre tariffe senza passare dal Congresso, invocando l’emergenza nazionale per deficit e traffico di fentanyl.

La US Court of International Trade di New York ha emesso giovedì 28 maggio una sentenza che blocca l’estensione dei dazi imposti da Trump, giudicandoli privi di fondamento legale. Secondo i giudici, l'International Emergency Economic Powers Act del 1977 non autorizzerebbe l’uso unilaterale delle tariffe. Il deficit commerciale – sostenuto da Trump come “emergenza nazionale” – non rappresenterebbe una “minaccia insolita e straordinaria” ai sensi della legge.

Una seconda ma analoga decisione è arrivata poche ore dopo da Washington D.C., per mano del giudice federale Rudolph Contreras, nominato durante la presidenza Obama. Anche in questo caso, la sentenza rigetta l’autorità presidenziale di dichiarare dazi d’emergenza.

Trump ricorre e vince parzialmente

Il giorno stesso, la Casa Bianca ha presentato ricorso contro entrambe le sentenze, depositando un “appello d’emergenza”. Il 29 maggio, una corte d'appello federale ha accolto parzialmente le istanze dell’amministrazione, sospendendo temporaneamente l’efficacia della prima decisione (quella del tribunale del commercio internazionale). Resta però in vigore la seconda ordinanza di Washington.

Il ricorso sarà ora esaminato nel merito e – come ha riferito la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt – l’ultima parola spetterà probabilmente alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Trump: «Decisione politica e dannosa per l’America»

Furibonda la reazione di Donald Trump, che su Truth Social ha definito la decisione “sbagliata e politica”, accusando i giudici di voler «distruggere il potere presidenziale». Secondo l’ex presidente, l’obbligo di passare dal Congresso per approvare dazi «paralizzerebbe la risposta americana a trattamenti ingiusti da parte degli altri Paesi».

«È solo odio per Trump? Quale altro motivo potrebbe esserci?», scrive. E ancora: «Se questa decisione fosse mantenuta, costerebbe migliaia di miliardi di dollari agli Stati Uniti. Sarebbe la sentenza finanziaria più grave della storia per la nostra sovranità».