Una telefonata all’insegna del gelo e della tensione quella tra Biden e Netanyahu, preannunciata quasi immediatamente dopo la morte dei sette volontari della ong World Central Kitchen vittime dei droni israeliani. Il presidente Usa in quell’occasione aveva esplicitamente incolpato Tel Aviv di non aver protetto gli operatori umanitari e i civili a Gaza. Un colloquio durato 45 minuti in cui, riferisce la Casa Bianca, «Biden ha chiarito la necessità per Israele di annunciare e attuare una serie di passi specifici, concreti e misurabili per affrontare il danno ai civili, la sofferenza umana e la sicurezza degli operatori umanitari». La «politica degli Stati Uniti nei confronti di Gaza sarà determinata dalla valutazione dell'azione immediata di Israele su questi passaggi». Washington ribadisce la necessità di un immediato un cessate il fuoco in tutta la Striscia ma Netanyahu non si è smosso dalla sua posizione, l’offensiva va avanti.

Per “Bibi” il conflitto sta diventando una strada in salita e disseminata di trappole: le minacce di Teheran, la crescente condanna internazionale, le critiche sempre più dure per i bombardamenti indiscriminati su Gaza, le proteste in Israele delle famiglie degli ostaggi in mano ad Hamas, un possibile stop alla vendita di armi da parte della Gran Bretagna e gli scricchiolii che si cominciano a sentire all’interno de gabinetto di guerra con Benny Ganza che chiede elezioni anticipate.

Lo Stato ebraico ha allargato la guerra su scala regionale dopo l'attacco all'ambasciata iraniana a Damasco, il regime degli Ayatollah ha promesso vendetta e Tel Aviv si aspetta una risposta entro poche ore. Per questo motivo sono stati richiamati i riservisti, la difesa aerea in stato di massima allerta e la mobilitazione potrebbe diventare generale. Fonti di intelligence parlano di tre possibili scenari, un attacco con droni e missili su obiettivi in territorio israeliano, un massiccio lancio di razzi dal Libano ad opera di Hezbollah oppure attentati a sedi israeliane all'estero. In ogni caso un innalzamento esponenziale

della tensione che rischia di coinvolgere anche altri paesi. Con le sue azioni Netanyahu si sta inimicando un appoggio internazionale che sembrava solido, l'eco della strage nella quale sono rimasti uccisi i volontari di WCK ( che ha sospeso le sue attività di soccorso a Gaza) è arrivato forte sia in Polonia, dove il presidente Duda pretende scuse e risarcimenti, criticando duramente l ambasciatore israeliano a Varsavia, sia a Londra.

Il primo ministro Rishi Sunak infatti è sotto pressione da parte della comunità forense inglese. Più di 600 esperti legali ( giudici e avvocati), tra cui tre ex magistrati della Corte Suprema, hanno scritto al premier chiedendo che le esportazioni di armi si arrestino perché il Regno Unito infrange il diritto internazionale a causa di un rischio plausibile di genocidio nell'enclave di Gaza. Alcuni resoconti provenienti dalla stampa israeliana raccontano di un avvertimento di Sunak a Netanyahu: se Tel Aviv non consentirà l'ingresso di aiuti nel territorio della Striscia, il Regno Unito la considera una violazione del diritto internazionale. Tutto sarebbe stato esplicitato attraverso una telefonata mercoledì sera tra lo stesso premier britannico e Netanyahu. Non si tratta di una questione di poco conto in quanto le forze armate britanniche esportano verso Israele armi per 42 milioni di sterline ( dati del 2022). Chi invece ha un volume di forniture militari nettamente superiori sono gli Stati Uniti, secondo dati dell'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, Washington tra il 2011 e il 2023 ha costituito i due terzi dei trasferimenti di armamenti e nello stesso giorno della strage degli operatori WCK ha approvato l'invio di circa duemila bombe.