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French President Emmanuel Macron drinks water during the 22nd Shangri-La Dialogue summit in Singapore, Friday, May 30, 2025. (AP Photo/Anupam Nath) Associated Press/LaPresse
«Per essere liberi, bisogna essere temuti. E per essere temuti, bisogna essere più forti». Emmanuel Macron ha aperto la tradizionale parata del 14 luglio sugli Champs-Elysées in un discorso durato 36 minuti, impiegando toni gravi e preoccupanti.
Più che a un’allegra sfilata in omaggio alla patria, le celebrazioni per il 226esimo anniversario della Rivoluzione francese ricordano un’esercitazione militare dai toni cupi, con i reparti schierati in assetto da combattimento. In particolare la 7a brigata corazzata, divisione di élite, la più moderna e la «più pronta per intervenire in operazioni di guerra» come ha spiegato il generale Philippe Le Carff intervistato da Bfm Tv.
I soldati hanno sfilato armati fino ai denti, a piedi e su centinaia veicoli blindati, accompagnati da unità straniere come la compagnia belgo-lussemburghese, la forza binazionale franco-finlandese, il personale della missione ONU in Libano e l’equipaggio della fregata Auvergne, attiva nelle operazioni NATO nel Baltico e nell’Artico.
Il presupposto di questa fuga in avanti è che l’America di Trump ha voltato le spalle all’Europa, facendo cadere la certezza della NATO come scudo di protezione automatico mentre la Russia di Vladimir Putin, precisa ancora Macron, ha «eletto la Francia come suo principale avversario in Europa», come un paese giudicato ormai apertamente ostile dal Cremlino. Per l’inquilino dell’Eliseo Parigi e l’Europa stanno vivendo un difficilissimo passaggio storico in cui, «bisognerà abituarsi a difendersi da soli» dai pericoli che si muovono lungo i confini orientali.
«Mai, dal 1945, la nostra libertà era stata minacciata fino a questo punto», ha ammonito, richiamando la responsabilità di tutti per garantire la pace con scelte impopolari come il massiccio incremento delle spese per la difesa che da qui al 2027 verranno quasi raddoppiate, raggiungendo i 64 miliardi di euro (cifra record dal dopoguerra), con aumenti significativi previsti per il 2026 e il 2027. Questi fondi aggiuntivi serviranno a colmare le vulnerabilità identificate nelle dotazioni militari transalpine, comprese le scorte di munizioni, le armi di saturazione e precisione, i droni, le capacità spaziali, ma anche le attrezzature quotidiane essenziali per le operazioni sul campo.
Particolare attenzione sarà dedicata alla difesa terra-aria e alla guerra elettronica o cibernetica. Un’attenzione particolare sarà rivolta al rafforzamento della riserva e all’aumento della “massa” operativa delle forze armate, cioè il numero e la disponibilità immediata di effettivi e mezzi: «È prioritario rafforzarsi in tempi molto stretti». Ha poi aggiunto: «Abbiamo un vantaggio oggi, ma se restiamo fermi, domani saremo superati». Il discorso di Macron ha anche una chiara valenza politica interna. L’aggiornamento della legge finanziaria sarà presentato in autunno, e il presidente ha rivolto un appello diretto ai parlamentari affinché approvino il bilancio 2026 senza rinvii. «Ogni slittamento verso la fine dell’anno», ha detto, «comporta una conseguenza semplice: il rinvio del bilancio delle forze armate».
Nonostante la pressione sui conti pubblici, con un debito in crescita che imporrebbe rigore finanziario, la scelta politica è chiara, fare deficit di fronte a un’emergenza assoluta come accadde durante la pandemia di Covid 19: «Di fronte a un mondo più brutale, la Nazione deve essere più forte», ha tuonato il presidente, rassicurando i francesi che si tratterà di «uno sforzo è proporzionato, credibile e indispensabile», e che il finanziamento non passerà attraverso un aumento del debito pubblico, ma sarà sostenuto da «più attività e più produzione».
L’ultima revisione strategica nazionale indica scenari inquietanti, con la Francia e l’Europa si trovano davanti a un rischio concreto di conflitto ad alta intensità entro il 2030, un conflitto che potrebbe coinvolgere direttamente il territorio nazionale e quello di altri Stati, con massicce azioni ibride. La minaccia russa è definita in tal senso «persistente» e di portata strutturale. Il discorso ha toccato anche altre minacce globali, dal terrorismo islamista “dormiente” alla disinformazione e la diffusione di fake news su internet, fino ai rischi derivanti dal cambiamento climatico e dal fronte dei governi negazionisti.