I giuristi e accademici d’Israele hanno rivolto un appello alle più alte cariche istituzionali e militari, affinché il cosiddetto “Piano di concentrazione della popolazione di Gaza nella Striscia meridionale” venga ritirato. Il documento, firmato, tra gli altri, da David Kretzmer (costituzionalista della Hebrew University di Gerusalemme), Natalie Davidson (esperta in diritti umani dell’Università di Tel Aviv), Moshe Hirsh (Hebrew University) e Limor Yehuda ( Van Leer Jerusalem Institute), è indirizzato al ministro della Difesa, Israel Katz, e al Capo di Stato maggiore, Eyal Zamir.

Gli esperti in diritto internazionale e in diritto dei conflitti armati – molto apprezzati in patria e all’estero -, esprimono parere negativo, bollandolo come illegale, verso il piano volto a concentrare la popolazione di Gaza in una “Città umanitaria” da costruire sulle rovine di Rafah. Senza mezzi termini, i giuristi firmatari dell’appello, richiamando alcune sentenze, rilevano che «se attuato, il piano provocherebbe una serie di crimini di guerra e crimini contro l’umanità e, in determinate condizioni, potrebbe costituire il crimine di genocidio».

Le argomentazioni addotte sono chiare. «L'evacuazione di una popolazione da un'area residenziale – scrivono Kretzmer e gli altri professori è consentita solo per la sicurezza della popolazione stessa o per impellenti necessità militari in un’area specifica. La legalità di tale evacuazione è subordinata, tra l’altro, alla garanzia di condizioni di vita adeguate nell’area di ricollocazione e al fatto che l’evacuazione non venga utilizzata per esercitare pressione politica o per altri scopi illegittimi. Deve inoltre essere temporanea e terminare immediatamente al cessare della necessità specifica».

L'evacuazione, secondo il piano del ministro Katz, non riguarda una specifica zona di ostilità, ma l’intera Striscia di Gaza verso Rafah, ed è pertanto incompatibile con le ragioni di sicurezza della popolazione o con una imperativa necessità militare. I firmatari dell’appello- parere sostengono che l’idea di trasferire centinaia di migliaia di persone in una determinata parte della Striscia di Gaza è priva di una solida motivazione: «Non è stata presentata alcuna legittima considerazione di protezione o necessità militare per giustificare l’evacuazione di tutta la popolazione. Inoltre, il collegamento tra l’evacuazione e il piano di “incoraggiamento all’emigrazione” indebolisce qualsiasi affermazione secondo cui il piano persegua uno scopo militare legittimo. Incoraggiare l’emigrazione di uno specifico gruppo etnico è illegale e non può essere considerato uno scopo legittimo per l’evacuazione».

Spingere altrove la popolazione palestinese accrescerebbe la confusione. «A scanso di equivoci – aggiungono i giuristi -, se il piano del ministro Katz andrà avanti, Israele si assumerà la responsabilità di qualsiasi cosa accadrà nel campo, indipendentemente dal fatto che deleghi o meno la gestione a entità private. Inoltre, poiché Israele nega di essere una potenza occupante a Gaza, non è chiaro quale autorità legale abbia per limitare in questo modo gli spostamenti della popolazione».

La parte più interessante dell’appello riguarda i profili di illegalità dell’ «emigrazione incoraggiata» con conseguenti violazioni del diritto internazionale, tenendo conto delle condizioni disastrose in cui versano le infrastrutture nel Sud di Gaza e in particolare a Rafah. Sussistono, infatti, seri dubbi sulla capacità della regione di fornire condizioni umanitarie o igieniche minime per almeno 600 mila persone, per non parlare dell’intera popolazione di Gaza. «Mentre le persone devono essere autorizzate a fuggire volontariamente dalle zone di conflitto – si legge nell’appello -, incoraggiare l’emigrazione di uno specifico gruppo etnico è illegale.

Qualsiasi partenza proposta verso Paesi terzi avverrebbe in condizioni di costrizione, a causa della distruzione delle case, del crollo di infrastrutture vitali e delle dure condizioni del campo, creando così un ambiente coercitivo che vanifica qualsiasi consenso valido secondo le decisioni dei tribunali internazionali. La legittimità di un tale piano dovrebbe essere valutata alla luce della difficile situazione della popolazione civile a Gaza.

L’elevato numero di vittime nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti nelle ultime settimane testimonia le conseguenze catastrofiche della concentrazione di grandi popolazioni in tali condizioni. Se attuato, e alla luce delle condizioni prevalenti e dell’esperienza dei recenti eventi nella zona, questo piano porterebbe probabilmente a risultati ancora peggiori». Più chiaro di così. Ecco perché i giuristi invitano con urgenza tutte le autorità competenti a rinunciare pubblicamente al piano del ministro Israel Katz, «a sconfessarlo e a garantire che non venga attuato».