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IMAGOECONOMICA
In diversi hanno giustificato Francesca Albanese per il suo monito alla stampa, invitando a non guardare il dito ma la luna, ovvero il fatto che noi italiani, per quanto riguarda la libertà di stampa, siamo messi piuttosto maluccio. Vale a dire siamo, secondo Reporters sans frontières, al 49esimo posto al mondo.
Un po’ più su di Mauritania e Gambia, ma un po’ più giù di Tonga e Belize. E spaventosamente più giù rispetto a Paesi come Olanda, Svezia, Germania etc etc. Ergo, ne ricavano i detrattori, la stampa italiana è di pessima qualità, venduta al miglior offerente, pavida, omertosa e vigliacca, e quindi meritevolissima di critiche. Magari non di azioni violente, ma di certo è passibile di biasimo, se non disprezzo.
Qualcuno si è però mai chiesto perché siamo così in basso? Questo il sunto delle motivazioni che hanno spinto Reporters sans frontières a porci così in basso: «La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata da organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, così come da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche tentativi da parte della politica di limitare la loro libertà di coprire casi giudiziari per mezzo della “legge bavaglio”, oltre che per procedure SLAPP che sono pratica comune in Italia».
Ricordato che le procedure SLAPP (acronimo di Strategic lawsuits against public participation ) sono, per esempio, le cause civili con richieste milionarie di risarcimento, rimane il fatto che da nessuna parte il misero punteggio viene motivato con la scarsa qualità del giornalismo italiano. In poche parole: se siamo così in basso non è perché i giornalisti siano venduti al sistema o asserviti ma, anzi, ed esattamente al contrario, perché qualcuno minaccia il loro lavoro.
Chi? La mafia, naturalmente, potentati economici che intentano cause intimidatorie, la politica ma anche piccoli gruppi estremisti. Per esempio, proprio quello che ha preso d’assalto la Stampa. Assai probabile che questo gravissimo episodio verrà analizzato dai Reporters e potrebbe contribuire, l'anno prossimo, a pregiudicare ulteriormente la posizione italiana. Come, del resto, avvenne qualche anno fa, ai tempi di Grillo alla guida dei 5Stelle, quando, accusando la stampa di diffondere falsità, pensò bene di lanciare l’iniziativa del giornalista del giorno, ovvero individuare un giornalista a lui inviso e metterlo alla berlina social. Il risultato fu che, puntualmente, il rapporto successivo di Reporters sans frontières (era il 2017) considerò la lista di Grillo un vulnus alla libertà di stampa in Italia.
Ed ecco quindi il cortocircuito: più alcuni personaggi pubblici dotati di gran seguito si scagliano contro la stampa accusandola di non essere libera e di essere faziosa, più si compromette la libertà di stampa stessa.
In molti, pur non giustificando l’azione degli squadristi di Torino, invitano a contestualizzarla. D’accordo, dicono, hanno sbagliato, ma la stampa italiana è un disastro: vedete che siamo al 49esimo posto? Una reazione critica e di protesta è da mettere in conto e, anzi, sarebbe doverosa, concludono. Giusto, ma grazie proprio ad azioni di quel tipo l’anno prossimo rischiamo di essere oltre il 50esimo. E, a dirla tutta, anche il solo lanciare “un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del loro lavoro” come ha fatto Albanese, di fatto sottintendendo che la stampa in blocco occulti i fatti e la realtà, non va per niente nella direzione giusta, vale a dire aumentare il grado di libertà di stampa. Anzi.


