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Fino all’età di circa 10-12 anni dicevo a mio figlio che le persone che più volevano il suo bene erano i suoi genitori. Ma che, allo stesso tempo, erano le più pericolose. Non è una battuta. Decine di ricerche dimostrano che i bambini possono essere esposti a rischi seri quando i genitori li manipolano egoisticamente, convinti di fare il loro bene.
Traggo da una di queste una citazione: «Alcune credenze rigide, ideologiche o settarie possono spingere i genitori a esporre i figli a condizioni che compromettono la salute, lo sviluppo cognitivo e l’autonomia psicologica». I bambini credono istintivamente nei genitori, perché la selezione naturale li ha dotati di un bias innato di fiducia epistemica. Quando l’ambiente genitoriale è distorto, la loro mente può subire danni. È quanto avrebbe riscontrato l’indagine tecnica, da cui è derivata l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni de L’Aquila che ha sottratto la potestà genitoriale in relazione alla “famiglia nei boschi”.
Non entro nel merito dell’ordinanza (da leggere prima di parlare), ben costruita e fondata su attente e ripetute valutazioni delle condizioni di sviluppo fisico, emotivo e cognitivo dei bambini. Tra i fatti accertati, oltre alla scarsa affidabilità dei genitori in base alle loro testimonianze, vi sarebbero i risultati di una batteria di test di uso internazionale per valutare la loro crescita psicologica, cognitiva e emotiva. Ogni maggiorenne può dedicarsi liberamente alle proprie credenze, per esempio naturiste, ma in un mondo civile si proteggono bambini, per legge incapaci di intendere e volere, se ci sono prove oggettive, non opinioni, che stanno subendo danni. Se John Locke e John Stuart Mill sapessero della vicenda e delle reazioni di alcuni politici e intellettuali che hanno criticato l’ordinanza, i loro resti s’agiterebbero nelle tombe.
Locke, nel XVII secolo, ben prima che si immaginassero leggi specifiche, scriveva che si deve riconoscere una separazione tra autorità genitoriale e libertà dell’individuo: i bambini non sono proprietà dei genitori che hanno solo un’autorità temporanea, finalizzata a far crescere individui autonomi. Lo Stato può intervenire in caso di abuso, perché il bambino è un futuro cittadino libero. Un concetto ripreso da Cesare Beccaria.
Andiamo a Mill e alla teoria liberale moderna dei diritti dell’infanzia, per cui i genitori sono tenuti a educare all’autonomia e non praticare l’indottrinamento: «Lo Stato interviene per impedire danni futuri alla libertà». Potrei fare un lungo elenco di filosofi della politica e del diritto successivi che hanno argomentato questi concetti. La storia del riconoscimento, nelle società liberali e democratiche, che i bambini devono essere separati dai genitori con dispositivi giuridici adeguati alle possibili e dimostrate violenze fisiche e psicologiche, è articolata e vede dall’Ottocento aggiungersi condizioni sempre meglio definite, via via che i contesti sociali ed economici miglioravano nel mondo industrializzato.
Quando fu chiaro che l’istruzione è una condizione necessaria alla maturazione di capacità indispensabili per abitare in società sempre più complesse, venne introdotto l’obbligo di istruzione. L’istruzione sembra essere il perno intorno a cui ruota tutta la discussione: i genitori garantivano ai figli una istruzione nella casa nel bosco, secondo le linee previste dal Ministero dell’Istruzione? Stando alle indagini giudiziarie, no. I controlli diranno.
Si può anche ignorare che i genitori che praticano la scuola familiare (“homeschooling”) sono un po’ paranoici: iperpossessivi, o ideologicamente/religiosamente rigidi, o misantropi, o ossessionati dai rischi fuori casa, o non d’accordo con insegnamenti o etica scolastica, etc. Ve ne sono anche che l’adottano per motivi specifici, ma negli Stati Uniti, per esempio, sono esigua minoranza.
In Italia le motivazioni sono meno ideologiche, ma come nella vicenda in discussione non mancano. L’homeschooling in sé non ha controindicazioni secondo tutte le ricerche. I problemi possono insorgere se i bambini non frequentano però un tempo adeguato di attività extrascolastiche per compensare l’isolamento dai pari, se sono istruiti a casa per indottrinarli, se l’ambiente domestico è iperprotettivo e se le dinamiche familiari sono tossiche.
Se la salute o la vita di un bambino sono in pericolo, e i genitori per qualche motivo ideologico o religioso rifiutano il consenso per il trattamento che potrebbe guarirlo, il medico ha l’obbligo di rivolgersi a un giudice, che sospenderà la potestà genitoriale per consentirgli di agire nel miglior interesse del paziente. Dei genitori sono stati condannati anche in Italia per aver impedito un trattamento appropriato e quindi causato la morte di un figlio.
Chi dicesse che i casi non sono comparabili non sa che, al di là di rischi come intossicarsi con funghi o contrarre malattie non protette da vaccinazioni, la maturazione psicologica dei bambini in assenza di esperienze sociali adeguatamente stimolanti può subire danni permanenti, che precludono una vita soddisfacente in età adulta. Gli spazi di libertà cui potranno aspirare si riducono drammaticamente. Al di là di quello che si raccontano i genitori che credono che la vita in natura sia più libera.


