Qual è lo stato di salute della libertà di stampa in Italia? Secondo Schlein pessimo. Almeno in base a quanto dichiarato dalla segretaria del Partito Democratico lo scorso 18 ottobre al congresso del Partito Socialista Europeo ad Amsterdam. «La democrazia è a rischio, la libertà di stampa è a rischio quando l’estrema destra è al governo - ha detto Schlein, che ha espresso - solidarietà a uno dei più famosi giornalisti d’inchiesta del mio Paese, Sigfrido Ranucci, perché ieri c’è stata una bomba davanti a casa sua». Lo scorso 16 ottobre un ordigno composto da un chilo di tritolo è stato fatto deflagrare di fronte all’abitazione di Pomezia del direttore della trasmissione Report, distruggendo la sua auto e danneggiando pesantemente quella della figlia.

Pronta è arrivata la replica della presidente del Consiglio Meloni con un post su X in cui ha redarguito la leader Dem: «Vergogna Schlein, diffondi falsità in giro per il mondo». Meloni nel corso del suo intervento alla Camera di mercoledì è tornata sulle dichiarazioni fatte da Schlein. «Il segretario del principale partito di opposizione ha affermato in un contesto internazionale che in Italia è a rischio la libertà e la democrazia perché governa l’estrema destra e ha subdolamente collegato queste affermazioni all’attentato subito dal giornalista Sigfrido Ranucci».

IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO A TUTELA DELLA LIBERTÀ DI STAMPA

Nell’ordinamento italiano la libertà di stampa è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, per il quale è prevista la riserva di legge e riserva di giurisdizione, in cui si stabilisce che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (art.21 co.1) e che «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (art.21 co.2) e nei successivi quattro commi vengono indicati i casi legittimi di limitazione o divieto d’esercizio della libertà in oggetto. Manca, ad oggi, il recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva Ue 2024/1069, la cosiddetta Direttiva SLAPP.

IL WORLD PRESS FREEDOM INDEX E L’ITALIA

Uno strumento utile a capire quale sia il livello di libertà di stampa in Italia, e non solo, è il World Press Freedom Index, indice creato dalla Ong parigina Reporters sans frontiers nel 2002 che monitora la libertà di stampa in 180 Paesi in tutto il mondo, attribuendo a ciascun Paese un punteggio da 0 a 100, per fare un esempio la Norvegia occupa il primo posto con 92.31 punti mentre al fondo della classifica si trova l’Eritrea a quota 11.32. Il calcolo del punteggio si basa sul monitoraggio effettuato dalla stessa RSF e su un questionario, composto da 87 domande, che ogni anno (in primavera) viene inviato ai corrispondenti del RSF, giornalisti, ricercatori, esperti legali e attivisti dei diritti umani, che comprende domande su: pluralismo; ambiente, indipendenza e autocensura dei media, cornice normativa, trasparenza e infrastrutture. In base ai risultati dei questionari ad ogni Paese viene assegnata una categoria tra: situazione buona, situazione soddisfacente, situazione problematica, situazione difficile, situazione molto seria. L’indice riguarda unicamente la libertà di stampa e non misura né la qualità del giornalismo né la violazione dei diritti umani in generale.

In questa classifica l’Italia si posiziona al 49esimo posto nel 2025 con un punteggio di 68.01 (per dare un’idea gli Stati Uniti sono al 55’con 65.48) perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente. Dall’insediamento del governo Meloni l’italia ha scalato 9 posizioni, passando dal 58esimo posto nel 2022 all’attuale 49. Nonostante il buon risultato la scheda Paese redatta da RSF indica diverse criticità legate alla libertà di stampa nello stivale, come ad esempio il caso Paragon in cui i cellulari del direttore e di un giornalista di FanPage sono stati infettati dal software di sorveglianza Graphite.

«La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, come anche da parte di vari, piccoli gruppi di estremisti - si legge nella scheda sul sito del WPSI - I giornalisti denunciano anche tentativi messi in atto dai politici di limitare la loro libertà di coprire casi giudiziari tramite l’introduzione della “legge bavaglio” oltre all’utilizzo di azioni legali tese a bloccare la partecipazione pubblica (le cosiddette SLAPP ndr)». RSF segnala che a livello economico i media italiani sono sempre più dipendenti dagli introiti pubblicitari e dal finanziamento pubblico, fenomeno causato dalla diminuzione graduale di copie vendute e traffico sui siti, il cui «risultato è una crescente precarietà che mina pericolosamente il dinamismo e l’autonomia del giornalismo». Rispetto al quadro normativo invece viene registrato «un certo grado di paralisi legislativa che frena l’adozione di disegni di legge proposti per tutelare e migliorare la libertà di stampa», come «le numerose procedure SLAPP» che «limitano la libertà giornalistica».

LA PRATICA DELLE SLAPP

Nel biennio 2022/2023 «il numero più elevato di casi è stato registrato in Italia, con il 25,5% dei casi totali» secondo quanto rilevato dallo studio “Casi SLAPP aperti nel 2022 e 2023”, richiesto dalla Commissione Ue sull’incidenza delle azioni legali strategiche nell’Unione. A febbraio del 2024 il Parlamento europeo ha approvato con 546 voti favorevoli, 47 contrari e 31 astensioni la Direttiva Ue 2024/1069 il cui obiettivo è garantire la protezione dell’Unione contro le cause legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica di persone fisiche e organizzazioni che lavorano su temi di interesse pubblico quali i diritti fondamentali, le accuse di corruzione, la protezione della democrazia o la lotta alla disinformazione.

Sul tema è intervenuto il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bertoli, durante l’audizione del 24 settembre scorso presso la XIV Commissione Affari Europei sulla legge di delegazione europea di recepimento delle Direttive emesse dall’Unione. Bertoli ha evidenziato che nella proposta di legge manca la Direttiva 2024/1069. «Riteniamo importante che tale Direttiva venga recepita con una norma specifica e non nell’ambito di una legge più vasta. Essa, infatti, disegna un quadro di principia tutela della libertà di espressione e dell’autonomia e l’indipendenza dei giornalisti, con un particolare riferimento a quelli investigativi. L’ambito di applicabilità delle norme operative riguarda, tuttvia, le azioni giudiziarie intimidatorie su temi transfrontalieri e/o da stati extra Ue. Nell’occasione, riteniamo indispensabile estendere le stesse tutele anche all’ambito nazionale».