La Tangentopoli di trent’anni fa, costata la vita alla prima Repubblica italiana e a un bel pò di suoi protagonisti, attori e comparse, e il Qatargate di questi giorni, che sta terremotando addirittura l’Europa, o almeno il suo Parlamento, hanno in comune una certa anagrafe politica, più di comodo che reale. Era socialista Mario Chiesa, il presidente del Pio Albergo Trivulzio colto in flagranza di reato il 17 febbraio 1992 mentre incassava sette miserabili milioni di lire come parte di una tangente imposta a chi gestiva il servizio delle pulizie.

E socialista continuò – un po’ per pigrizia mediatica ma ancor di più per malizia, in particolare, della sinistra di provenienza comunista - ad essere considerato il colore o la matrice politica della corruzione vista, a torto o a ragione, in ogni passaggio di danaro scoperto a vantaggio dei partiti e loro derivati, correntizi o solo personali.
In verità, al fenomeno delle tangenti risultarono interessati un po’ tutti i partiti con la sola eccezione del Movimento Sociale e di Democrazia Proletaria appena confermata da un sostituto procuratore della Repubblica di quei tempi a Milano: Gherardo Colombo, dichiaratosi quindi per niente stupito del Qatargate di questa fine d’anno. Ma, per quanto praticato dal quasi intero arco politico italiano, e in dimensioni proporzionali alla consistenza dei vari partiti, il protagonista o dominus delle tangenti continuò ad essere considerato il Psi: in particolare, il Psi del fastidioso Bettino Craxi.

Gli altri sembravano entrati e rimasti nel malaffare solo in quanto alleati dei socialisti, magari solo a livello locale, come quando capitavano sotto indagine dei comunisti. Sembrava anzi che questi ultimi fossero stati indotti in tentazione – come ancora recitava allora la preghiera del Pater noster - dal diavolo impersonato dal Psi del garofano. Caddero in quella tentazione, per esempio, i comunisti “miglioristi” di Milano secondo la rappresentazione fattane a Roma dal Pci nel frattempo diventato Pds e guidato da Achille Occhetto. In realtà, anche la sede nazionale del partito comunista si trovò coinvolta nelle indagini, con una stanza inutilmente sigillata alle Botteghe Oscure: inutilmente perché nessuno seppe o volle mai scoprire a chi la buonanima di Raul Gardini avesse fatto visita un bel giorno con una borsa gonfia di soldi.

Anche il Qatargate dei nostri giorni, con le sue propaggini marocchine, è disgraziatamente targato socialista, almeno sinora, per la denominazione del gruppo europeo di appartenenza di parlamentari o ex parlamentari sotto accusa, a cominciare naturalmente dall’italiano Pier Antonio Panzeri. Nelle cui abitazioni o affini sono stati trovati e sequestrati sacchi di banconote di euro a contare le quali gli inquirenti hanno impiegato giorni, tante erano, per quanto contenute in una somma complessiva sinora valutata in poco più di un milione e mezzo, pari a tre miliardi delle vecchie lire italiane.
Di un eurodeputato italiano ancora in carica, Andrea Cozzolino, il Pd ancora guidato da Enrico Letta si è affrettato a decidere e annunciare la sospensione, in attesa dell’esito delle indagini, per quanto non risultino neppure iniziate a carico dell’interessato, essendovi sinora interessato solo l’assistente.

E pensare che il Pd nato nel 2007 con la fusione dei resti del Pci e della sinistra democristiana, più qualche cespuglio verde e liberale, esitò a lungo a riconoscersi e a partecipare attivamente al Partito Socialista Europeo, e all’omologo gruppo dell’Europarlamento, un po’ per un’antica diffidenza, a dir poco, dei comunisti verso i socialisti, a lungo considerati e trattati come opportunisti, traditori e simili, e un po’ per rispetto della componente proveniente dalla Dc. Nella quale molti avevano in partenza accettato di non morire democristiani ma non avevano neppure tanta voglia di diventare e tanto meno morire socialisti.

Eppure fu proprio da quella componente che arrivò nel 2014 lo sblocco della trasformazione identitaria con una decisione di Matteo Renzi, ancora fresco di elezione a segretario del Pd. L’adesione al Partito Socialista Europeo che non avevano avuto il coraggio di promuovere Walter Veltroni e Pier Luigi Bersani, di provenienza comunista, fu dunque decisa e concretizzata dal post democristiano Renzi. Che, nel frattempo uscito pure lui dal Pd sbattendo la porta, come due dei suoi predecessori, si starà magari fregando le mani per i guai in cui si trovano oggi a causa sua i dirigenti del Nazareno per la collocazione socialista del loro partito nel Parlamento europeo.

D’altronde, siamo sinceri, quanto poteva ancora durare la commedia dei post-comunisti italiani impegnati a chiamarsi socialisti solo all’estero? Una commedia scritta e recitata per trattare a loro vantaggio la Tangentopoli italiana di 30 anni fa. Certe cose si pagano, prima o dopo: troppo tardi magari per chi vi è persino morto, e non può far sentire dall’aldilà la sua sarcastica risata, ma in tempo per chi è riuscito a sopravvivere. E potrebbe oggi tirare un sospiro di sollievo e, insieme, di risentimento pensando ad una rivincita della storia.