Bisogna ripeterlo, scandirlo, perché nei giornali è solo un “inciso”, infilato tra parentesi, come se fosse un dettaglio irrilevante. Una nota a margine mentre la sua vita viene smontata, esibita. Germana Sfara non è indagata, ma... Quel “ma” è l’unica cosa che sembra interessare.

La signora Sfara è la compagna di Roberto Palumbo, il nefrologo arrestato pochi giorni fa. E il suo nome e il suo volto sono il “contorno” perfetto per rinforzare le accuse di corruzione mosse al compagno. Evidentemente la nuova frontiera del processo mediatico, ora, non riguarda più solo l'indagato – che pure sarebbe innocente fino a prova contraria – no, oggi la “sentenza” è estesa anche ai congiunti. Anche se non sono accusati per gli “affari” del familiare, del compagno in questo caso.

E così la signora Sfara ora è la “strega”, e le sue intercettazioni private finiscono ovunque. Parla di soldi da restituire e anche se spunta la parola depressione, la macchina del fango continua il suo lavoro brutale. I commenti sotto gli articoli che parlano di lei sono impietosi. E non importa che lei (almeno per ora) non sia accusata di nulla. Il tribunale mediatico ha già deciso: quella donna è colpevole. Quanto e forse più di lui.

La sentenza social è già stata emessa e un domani, quando qualcuno si troverà il suo curriculum per le mani, non potrà fare altro che riflettere sull’opportunità di darle un posto di lavoro. Non potrà far altro che temere l’onda lunga di quel sospetto.

Germana Sfara, probabilmente, non dovrà mai affrontare l’incubo di un’indagine. Figuriamoci di un processo. Ma è già stata messa sul banco degli imputati, col suo volto e il suo sorriso. E i giornali non hanno avuto pietà non solo per la presunzione di non colpevolezza, ma anche per la dignità di una terza non indagata. Il cui ruolo sarà pure funzionale per descrivere la figura dell’indagato, ma non il suo nome e il suo cognome. Non la sua foto. Non i dettagli della sua vita.

Il profilo Facebook di Germana Sfara prima c’era, ora non c’è più. Nel giro di 24 ore ha dovuto disconnettersi dal mondo social, che ormai è il mondo reale. Chiunque in Italia ora è consapevole di quale guaio attraversa la sua vita privata. Di quello che faceva nel suo tempo libero col compagno. Di cosa pensasse. Eppure non era necessario. Non prima di ipotizzare, almeno, una sua responsabilità.

Germana Sfara è una vittima innocente della gogna mediatica. Perché in Italia la colpa non si dimostra: si “appiccica” addosso. E non va più via.