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Proviamo a immaginare un dibattito televisivo in cui si parla di giustizia, diritti e della politica del governo. Una donna avvocato Sonia Dahmani esprime nel dibattito critiche nei confronti del governo del presidente Kais Saled con commenti ironici sulla sua politica. Viene quindi arrestata, praticamente in diretta, per aver diffuso false informazioni che nuocciono alla sicurezza pubblica, da poliziotti mascherati che con la violenza la trascinano in carcere e con lei vengono fermati un conduttore televisivo e un giornalista. L’intera scena è ripresa dalle telecamere di France 24 e il video fa il giro del mondo.
Dopo l’arresto di Sonia Dahmani la repressione è continuata. La mattina del 14 maggio una squadra di agenti ha fatto irruzione nella sede dell’Ordine degli avvocati di Tunisi, un luogo simbolico per la giustizia, e ha arrestato Mahdi Zagrouba, un avvocato impegnato anch’egli nella difesa dei diritti umani e critico nei confronti del governo. Già nel 2023 era stato processato, interdetto dall’esercizio della professione e aveva intrapreso uno sciopero della fame di protesta Anche in questo caso un video ha ripreso la scena, un blitz degno di un regime militare.
Siamo in Tunisia, un paese ove pur è nata la prima “primavera araba” ma che ora sta scivolando verso la dittatura, diviso dall’Italia solo da un braccio di mare e che certo non ci è estraneo perché in Italia vivono centinaia di migliaia di tunisini. Certamente se accadesse qualcosa di simile in Italia tutti i Tribunali si fermerebbero immediatamente e ugualmente immediata sarebbe la reazione dei mass media. Il sistema di democrazia liberale, nonostante i suoi difetti e le sue incertezze, infatti non dimentica che senza gli avvocati e il diritto di libertà parola di cui sono intrinsecamente portatori dentro e anche fuori dalle aule di giustizia, tutti cesserebbero di essere cittadini per diventare solo sudditi.
Per fortuna anche gli avvocati tunisini, pur in una situazione che diventa sempre più difficile, sono scesi immediatamente in sciopero. Hanno bisogno di tutta la nostra solidarietà. Purtroppo nei paesi autocratici le incarcerazioni, i processi, le intimidazioni nei confronti di avvocati che cercano di difendere gli oppositori, i giornalisti, i blogger, gli artisti o anche cittadini comuni o che comunque nel loro ruolo criticano da un punto di vista legale la politica dei regimi, non sono casi isolati ma ormai una lista lunghissima che spazia da un capo all’altro del globo.
Nella Russia di Putin, Alexei Gorinov, avvocato e deputato del distretto di Mosca, è stato condannato nel 2022 a 7 anni di carcere per aver osato esortare la società civile a fare ogni sforzo per fermare la guerra. È stato condannato in base alla famigerata legge che punisce come attentato allo Stato ogni dissenso sulle scelte militari del Governo. È in cattive condizioni di salute, come tutti i detenuti politici è molto vulnerabile e completamente nelle mani delle autorità carcerarie e rischia di fare la fine di Navalny.
In Cina Li Yuhan, avvocata impegnata nella difesa dei diritti umani, è detenuta in modo arbitrario dal 2017 ed è ancora in attesa di un processo e di una sentenza. Ha più di 70 anni e anch’ella è in gravi condizioni di salute, in carcere ha avuto attacchi cardiaci e danni alla deambulazione, alla vista e all’udito.
Poi c’è l’Iran in cui il regime teocratico ha forse il triste primato delle impiccagioni e delle torture e della repressione insieme degli oppositori e di coloro che cercano di assisterli sul piano legale. Il simbolo della lotta degli avvocati in quel paese è Nasrin Sotoudeh che ha difeso i manifestanti che sono scesi in piazza contro il regime dopo l’omicidio della giovane Mahsa Amini e che ha la duplice “colpa” di essere avvocato e di essere donna. Nasrin è stata condannata a 38 anni di prigione, 38 anni leggete bene, e 148 frustate, per propaganda contro lo Stato islamico e incitamento alla “corruzione” dei costumi, è stata detenuta nell’orribile carcere di Evin ed è ora precariamente in stato di libertà. In suo favore si sono mossi gli avvocati di tutto il mondo.
Ma persecuzioni di questo genere non sono appannaggio solo dei regimi autoritari più noti le cui iniziative aggressive riempiono le pagine dei giornali. In molti paesi in cui non esiste ancora una democrazia completa o in cui la democrazia fa addirittura passi indietro, dalla Turchia del “sultano” Erdogan al Marocco, dal Messico al Nicaragua, dalla Nigeria alle Filippine si registrano casi simili: in quest’ultimo paese Maria Samata Liwliva Alzate, avvocata dedicata alla difesa dei diritti umani, è stata uccisa nel settembre 2023 davanti alla sua abitazione dopo aver denunciato le torture e gli arresti illegali operati dalla Polizia filippina.
Che cosa si può fare per difendere la vita degli avvocati che in tutto il mondo sono un presidio permanente dei diritti e della libertà dei cittadini dei loro paesi? Innanzitutto tenere alta l’attenzione mediatica e sui mezzi di informazione affinché essi non siano dimenticati. Per questo è nata nel 2015, anche su impulso dei Consigli Nazionali Forensi italiani, l’OIAD, l’Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo che fornisce assistenza materiale e anche supporto morale agli avvocati che lavorano nei paesi a rischio e richiama l’attenzione della politica, delle istituzioni e delle società sugli avvocati la cui libertà di esercitare la loro funzione e la loro stessa libertà è minacciata. Il 24 gennaio è la giornata internazionale dedicata dall’Osservatorio agli avvocati in pericolo
La data, ricordiamolo, è stata fissata nell’anniversario della Matanza di Atocha quando, il 24 gennaio 1977, negli ultimi sussulti del franchismo, un commando di terroristi di destra fece irruzione in uno studio legale che si occupava dei diritti dei lavoratori uccidendo a raffiche di mitra 5 tra avvocati e loro collaboratori. Una strage che ricordo molto bene dalle mie indagini sull’eversione di destra.
E nell’immediato cosa si può fare? Gli avvocati milanesi e di altre città si stanno mobilitando e servirebbe un presidio di protesta in toga, magari insieme a qualche magistrato, dinanzi ai consolati dalla Tunisia per ricordare a quel governo, che sta facendo le prove generali di una dittatura, che gli avvocati di quel paese non sono soli e che i diritti non possono evaporare da una sponda all’altra del Mediterraneo.