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Torture, violenze sessuali, rivolta, traffico illecito di telefoni cellulari e sospette complicità tra detenuti e agenti. È il quadro allarmante che emerge dalle indagini in corso sul carcere della Dogaia a Prato, al centro di un'inchiesta coordinata dalla procura guidata da Luca Tescaroli. «Una realtà criminale pervasiva», la definisce il procuratore, dove la vita carceraria si svolgerebbe in condizioni “insicure e degradanti”.
Due i casi più gravi finiti al vaglio della magistratura: nel settembre 2023, un detenuto brasiliano avrebbe violentato ripetutamente il suo compagno di cella pachistano. L'indagine è ormai chiusa e si attende la notifica dell’avviso. Ancora più cruento l’episodio del gennaio 2020, quando due detenuti avrebbero sottoposto un giovane tossicodipendente omosessuale a torture e violenze sessuali di gruppo. I due imputati sono già stati rinviati a giudizio e il processo è in fase avanzata.
Ma la violenza non è solo fisica. Secondo la procura, esiste un controllo sistematico e capillare degli spazi da parte di gruppi organizzati all'interno del penitenziario, che si avvalgono anche della «compiacenza o dell’omissione di chi dovrebbe vigilare». Dal luglio 2024 al giugno 2025, sono stati sequestrati 41 telefoni cellulari, tre sim card e un router. Solo il 5 luglio scorso, durante una perquisizione, è stato rinvenuto un ulteriore dispositivo nella cella 187 della sezione media sicurezza. Ma altri telefoni, non ancora recuperati, risultano attivi e utilizzati nei giorni 27, 28, 29 giugno e 1-2 luglio.
Emblematico il caso di un detenuto dell’area di alta sicurezza che è riuscito persino a pubblicare immagini della sua cella su TikTok. «Un controllo sofisticato degli spazi – sottolinea Tescaroli – favorito dalla libertà di movimento concessa ad alcuni detenuti e dalle agevolazioni dei permessanti».
In questo contesto si inseriscono due gravi episodi di rivolta. Il primo, il 4 giugno, ha coinvolto cinque detenuti nella quinta sezione della media sicurezza. Armati di oggetti pericolosi, hanno minacciato e aggredito sei agenti. Il secondo, il 5 luglio, ha visto un gruppo di almeno dieci detenuti barricarsi nella prima sezione, rovesciando carrelli, tentando di appiccare incendi e colpendo le barriere con spranghe improvvisate. Solo l’intervento delle unità antisommossa della penitenziaria ha riportato l’ordine.
Nelle ultime ore sono stati emessi nuovi decreti di perquisizione, ispezione e sequestro, che riguardano sia l’area di media sicurezza che quella di alta sicurezza. Le operazioni sono condotte dalla Squadra mobile, dal nucleo investigativo della polizia penitenziaria, dai carabinieri e dalla guardia di finanza. «Sottrarre ai detenuti il controllo del carcere – avverte la procura – è un percorso articolato ma necessario, che richiede anche il ripristino dell’autorità legittima da parte dello Stato».