«Qui non ci sono avvocati, non ci sono telefonate, non ci sono giudici, non c'è niente. L'unica cosa che avete è quello che indossate e quello che sta dentro la cella». Benvenuti al Cecot, la prigione dei morti viventi.

Non è un film dell'orrore ma una fotografia del carcere del Salvador dove vengono rinchiusi in maniera per lo più illegale le migliaia di immigrati espulsi dagli Stati Uniti. Il Cecot - il Centro per il Confinamento del Terrorismo - è stato progettato per l'internamento di massa dei membri delle bande più violente e pericolose di El Salvador, un simbolo dell'approccio intransigente del presidente Nayib Bukele all'ondata di omicidi ed estorsioni che aveva terrorizzato il Paese.

Da quando è stata aperta nel 2023, le autorità sono state reticenti sulle condizioni di detenzione della più grande prigione dell'America Latina, già denunciate da diverse ong. Quindi ci sono poche informazioni disponibili su ciò che accade dietro i muri di cemento e le recinzioni elettrificate. Bukele è anche un fervente ammiratore di Donald Trump con il quale ha uno stretto rapporto e non mancano i reciproci elogi pubblici. Ma dopo la denuncia di un gruppo di cittadini venezuelani (almeno 250), espulsi dagli Stati Uniti, e rinchiusi nel Cecot a marzo, per un accordo come parte della campagna del presidente Trump di deportazioni di massa di migranti, la verità sta venendo a galla e con essa i racconti dell’inferno vissuto in questo carcere.

Nelle testimonianze, vengono descritte infatti percosse regolari, a volte con bastoni, mentre i migranti erano ammanettati. Inoltre è stato riportato anche un caso di abuso sessuale commesso dalle guardie. I venezuelani hanno parlato di come dormivano su cuccette di metallo senza lenzuola o materassi e dovendo mangiare a mani nude. Gli è stato negato accesso agli avvocati o al mondo esterno, e non avevano orologi facendogli perdere la cognizione del tempo.

Di età compresa tra i 23 e i 39 anni, i migranti vivevano tutti negli Stati Uniti. Alcuni erano entrati in conformità con la legge statunitense, altri avevano attraversato il confine illegalmente, prima di essere accusati di essere membri di gang violente. Tutti negano qualsiasi coinvolgimento in bande e attività criminali, e dicono che non gli è mai stata data l'opportunità di contestare le accuse contro di loro. La maggior parte è convinta che siano stati presi di mira a causa dei loro vari tatuaggi, che secondo le autorità statunitensi dimostrano potenziali legami con Tren de Aragua, un potente gruppo criminale regionale originario del Venezuela.

Gli Stati Uniti affermano che i deportati sono stati attentamente controllati, ma non hanno fornito le prove che sarebbero state usate contro di loro. Anzi, a seguito delle accuse di tortura e maltrattamenti di ogni sorta, la portavoce della Casa Bianca Abigail Jackson ha risposto: «L'amministrazione Trump è grata per la nostra collaborazione con il presidente Bukele per aiutare a rimuovere i peggiori stranieri illegali violenti e criminali dalle comunità americane».

Naturalmente anche le autorità salvadoregne hanno negato qualsiasi responsabilità. I venezuelani hanno anche cercato di protestare quando il segretario alla sicurezza interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, ha visitato la prigione a marzo. Il suo ufficio coordina l'Immigration and Customs Enforcement ( ICE) degli Stati Uniti, la stessa che effettua i raid iniziati qualche mese fa in alcune città statunitensi e gestisce voli di deportazione.

Ma Kristi Noem è la stessa che ha registrato un video davanti a una cella, con indosso un top bianco e un berretto da baseball blu, dichiarando sprezzante: «se vieni nel nostro paese illegalmente, questa è una delle conseguenze che potresti affrontare». In realtà aveva invece una cella piena di salvadoregni dietro di lei, cosa facilmente dimostrabile perché gli uomini avevano tatuaggi sul viso e sul collo, che sono tipicamente associati ai membri delle gang.

Cecot e una vera e propria città che sorge su una superficie di 23 ettari ed è monitorata completamente da telecamere e 19 torri di guardia. Tale dispendio di sicurezza non va di pari passo con le condizioni alle quali sono sottoposti i detenuti. Le luci sono lasciate costantemente accese, nelle celle ( dove si trovano rinchiuse almeno una ventina di persone) vi sono solo due serbatoi d'acqua per lavarsi e bere e due servizi igienici, senza la carta igienica, che gli uomini scaricano con un secchio. Nessuna ventilazione, nessun flusso d'aria. caldo soffocante.

Unico conforto le visite della Croce Rossa durante le quali le condizioni migliorano temporaneamente. Il Comitato Internazionale ha confermato di aver visitato i venezuelani due volte, ma ha detto che non condivide pubblicamente informazioni sulle condizioni della prigione al fine di mantenere l'integrità del dialogo confidenziale con i detenuti, le autorità e le loro famiglie.

Per giustificare la deportazione in El Salvador, l'amministrazione Trump aveva invocato l'Alien Enemies Act del 1798, utilizzato per l'ultima volta durante la seconda guerra mondiale, che consente la detenzione e l'espulsione di cittadini da paesi con cui gli Stati Uniti sono in guerra. Anche se un giudice del Distretto di Columbia ha stabilito che l'atto non poteva essere utilizzato per deportare i migranti venezuelani, perché gli Stati Uniti non stavano affrontando un attacco armato organizzato e ha sospeso i voli.