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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in riposta a una serie di interrogazioni presentate da Movimento 5 stelle, Azione, Pd e Avs, ha sostenuto che la detenuta avrebbe fornito due versioni differenti dei fatti riferite a giorni diversi. Parliamo di una donna transgender, ricoverata a fine giugno dopo aver segnalato una violenza sessuale all'interno della casa circondariale di Ferrara. La comunicazione ufficiale ha inoltre precisato che «la visione della videosorveglianza non confermava quanto da lei dichiarato». Malgrado queste considerazioni, il ministero ha comunque segnalato la vicenda alla Procura della Repubblica.
Riguardo al trasferimento dalla sezione “Orione” di Reggio Emilia, il ministero ha spiegato che la persona aveva creato «problematiche che ne hanno via via reso incompatibile la sua permanenza» in quella struttura specializzata. Una motivazione che non chiarisce completamente le ragioni della decisione né affronta le richieste di tutela avanzate dalla donna.
La denuncia è stata formalizzata il 24 giugno. Dopo essersi rivolta all'infermeria, la detenuta è stata trasferita in ospedale dove è stato immediatamente attivato il protocollo previsto per i casi di violenza sessuale (codice rosso). Sin dal suo arrivo all’Arginone, lei afferma di aver chiesto di essere trasferita in una struttura più idonea alle sue necessità. Non era la prima volta che la detenuta cercava una soluzione. Era stata già trasferita a fine marzo dalla sezione “Orione” di Reggio Emilia, uno degli spazi dell'amministrazione penitenziaria dedicati alle persone transgender.
La direzione del carcere di Ferrara ha risposto con misure immediate e articolate. Sono state disposte “grande sorveglianza attiva e passiva” sulla detenuta, un divieto di incontri con il resto della popolazione detenuta, la segnalazione al servizio psicologico interno e l'avvio delle procedure sanitarie previste dalla legge per i casi di violenza sessuale. Le autorità penitenziarie hanno inoltre valutato i rischi di autolesionismo e suicidio, attivando percorsi dedicati di sostegno e assistenza.
Un capitolo significativo della vicenda riguarda la ripresa della terapia ormonale per la transizione, interrotta durante la detenzione all’Arginone. Il Dap ha disposto il trasferimento della detenuta al carcere di Belluno, una delle sole sei strutture italiane dotate di una sezione specializzata per persone transgender. Il trasferimento è stato ufficialmente giustificato con la necessità di garantire cure mediche e condizioni di detenzione più adeguate alle esigenze della donna transgender. Una scelta che, almeno sulla carta, rappresenta un passo verso l'uguaglianza di trattamento, sebbene sollevi interrogativi sulla qualità della gestione della sicurezza.