Quando il 21 gennaio 2025 Roberto Giachetti si alzò dai banchi di Montecitorio per presentare l'ordine del giorno numero 9/ 2196/ 21, sapeva benissimo cosa stava facendo. Non l'ennesima mozione di principio, ma un impegno vincolante per il governo. E ora, cinque mesi dopo, quella strategia parlamentare inizia a dare i suoi frutti. Il documento che è arrivato sulla scrivania del deputato di Italia Viva qualche giorno fa racconta molto di più di una semplice procedura burocratica. Racconta di un sistema di controllo che funziona e di una battaglia politica che entra nel vivo.

Ma, nel contempo, quello che non convince è il contenuto del documento, che più che concreti passi avanti sembra un report di buone intenzioni. Partiamo dai fatti. L'ordine del giorno 9/ 2196/ 21, firmato da Giachetti insieme a Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi e Gruppioni, non si limita a generiche raccomandazioni. Il testo è chirurgico: ' impegna il governo al fine di agire coerentemente con le finalità perseguite dall'articolo 6 del provvedimento, ad adottare ulteriori iniziative normative volte a migliorare la permanenza dei detenuti all'interno delle carceri, anche eventuali revisioni del sistema carcerario'.

La formula 'impegna il governo' non è retorica parlamentare. È un vincolo politico e giuridico che obbliga l'esecutivo a dar conto delle proprie azioni. E infatti, puntuale come un orologio svizzero, è arrivata la risposta del ministero della Giustizia tramite il Servizio per il Controllo parlamentare. Ma l'ordine del giorno di Giachetti non viaggia da solo.

Il documento del 30 giugno svela un piano più articolato, una strategia parlamentare che attacca il problema carcerario su più fronti. Ecco gli altri tasselli del mosaico.

L'ordine del giorno di Stefania Ascari del M5S numero 9/ 1532- bis- A/ 27, approvato l' 8 ottobre 2024, punta dritto sul supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria. Non è solidarietà di facciata: è la consapevolezza che un sistema carcerario malato avvelena anche chi ci lavora dentro. Suicidi, burn- out, violenze: la cronaca ci ha abituato a tragedie che nascono da un ambiente disumanizzante.

Poi c'è l'ordine del giorno D'Alessio- Pastorella di Azione, numero 9/ 2002/ 70, approvato il 7 agosto 2024, che affronta il nodo del reinserimento lavorativo. Qui si parla di soldi veri: incentivi per le aziende che assumono ex detenuti, prolungamento dei benefici fiscali, politiche attive del lavoro. Perché se non c'è lavoro, non c'è rieducazione. E se non c'è rieducazione, il carcere diventa solo un parcheggio umano. Infine, l'ordine del giorno Faraone di Italia Viva, numero 9/ 2002/ 86, sempre del 7 agosto, che chiede assunzioni straordinarie di psicologi penitenziari e supporto psicologico per gli agenti. Un investimento in professionalità che oggi manca drammaticamente nel sistema penitenziario italiano.

LE “BUONE INTENZIONI”

Dietro questi ordini del giorno ci sono numeri che dovrebbero togliere il sonno a chiunque abbia a cuore lo Stato di diritto. Il sovraffollamento carcerario in Italia tocca punte del 130 per cento in alcune strutture. Infatti, il sovraffollamento medio a livello nazionale è del 134% con punte che superano il 190/200% in alcuni istituti. I suicidi nelle carceri sono aumentati in maniera esponenziale nell'ultimo biennio. Gli agenti di polizia penitenziaria lavorano in condizioni di stress cronico, con organici ridotti all'osso e strutture fatiscenti. Non è un caso che la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia condannato l'Italia più volte per trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti. Non è un caso che l'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, abbia parlato di ' emergenza carceraria' già nel 2013. Sono passati dodici anni e il problema, nonostante sia stato attenzionato dall’attuale presidente Sergio Mattarella, si è aggravato.

La nota del ministero si limita a riepilogare precedenti ordini del giorno già approvati tra agosto e ottobre 2024,

dedicati a temi ormai noti: il supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria, gli incentivi occupazionali per ex detenuti, l’assunzione straordinaria di nuovi psicologi. Tutti spunti meritevoli, certo. Ma verrebbe da chiedersi: chi sta svolgendo il vero lavoro parlamentare, quello di monitoraggio e verifica, se le risposte non superano il recinto dei proclami? Il punto più critico riguarda proprio il cuore dell’ordine del giorno firmato da Giachetti. L’impegno a «migliorare la permanenza dei detenuti», con presumibili interventi sulle strutture e sulle condizioni di vita carceraria, si arena nel generico «attuazione data all’ordine del giorno». Nella pratica, nessuno dei passaggi illustrati – né la cornice normativa, né la calendarizzazione dei provvedimenti, né tanto meno un cronoprogramma – contiene scadenze o dettagli operativi. È come se, una volta firmato l’atto parlamentare, il dossier finisse nel calderone burocratico senza un vero motore di cambiamento.

Altro elemento da non sottovalutare: la nota non menziona alcuna visita ispettiva, alcun tavolo di lavoro aperto con associazioni, magistrati di sorveglianza o garanti dei detenuti. A fronte di strutture sovraffollate e dei recenti allarmi per il malfunzionamento delle celle di isolamento, ci si aspettava l’avvio di un confronto più serrato, non semplici «ulteriori iniziative normative» in astratto.

Il rischio è che, dietro un linguaggio apparentemente impegnato, si nasconda un’eccessiva prudenza politica. In tempi di crisi, quando l’opinione pubblica chiede soluzioni urgenti per la sicurezza e il reinserimento sociale, ogni rinvio rischia di tradursi in un allungamento delle sofferenze che si consumano quotidianamente dietro le sbarre. Se davvero l’esito dell’ordine del giorno 9/ 2196/ 21 deve essere una riforma strutturale e non un semplice annuncio, il Parlamento deve stringere i tempi. A partire proprio dalla proposta di legge Giachetti – Nessuno Tocchi Caino.

Ricordiamo che Rita Bernardini, presidente dell’associazione, è in sciopero della fame da giorni.

Serve precisare le tappe, fissare misure puntuali ( quante celle saranno adeguate, con quali fondi, entro quando), creare un meccanismo di monitoraggio stretto e trasparente. Il diritto all’intimità è garantito per davvero, oppure rimane sulla carta? Altrimenti si finirà per registrare l’ennesima intenzione restata sulla carta, mentre la situazione nelle carceri continua a degenerare. Non è sufficiente che il ministero «prenda atto» di un ordine del giorno: serve che prenda sul serio la vita quotidiana di chi vive rinchiuso e di chi vi lavora. Solo così si potrà passare dalle parole ai fatti, consegnando al Paese un sistema carcerario degno di questo nome.

LA STRADA È ANCORA LUNGA

Roberto Giachetti sa bene che la battaglia per riformare il sistema carcerario non si vince con un ordine del giorno. Sa che dovrà tornare alla carica, presentare altre interrogazioni, verificare altri documenti, incalzare altri ministri. Ma sa anche che questa è l'unica strada possibile in una democrazia parlamentare. Quella che trasforma le denunce in proposte, le proposte in impegni, gli impegni in controlli. Quella che non permette al potere esecutivo di nascondersi dietro le emergenze quotidiane per dimenticare i problemi strutturali. La nota del ministero è solo un tassello di questo lavoro.

Ma è un tassello importante, perché dimostra che qualcuno a Montecitorio non ha smesso di credere che le carceri italiane possano tornare a essere luoghi di recupero e non di pura custodia. La partita è ancora aperta. E Giachetti, da garantista di lungo corso, sa che non può permettersi di abbassare la guardia.

Nel mentre, ribadiamolo ancora una volta, Rita Bernardini, assieme a numerosi attivisti dei diritti umani, non stanno a guardare. Che fine ha fatto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha promesso di battersi per far approvare almeno la liberazione anticipata speciale?