«Alla luce della sentenza della Corte di assise di appello riteniamo avvalorata la nostra tesi di una causale dell’accelerazione legata alla particolare attenzione mostrata da Paolo Borsellino verso il dossier “mafia e appalti”. Dovremo leggere le motivazioni, ma troppe anomalie sono state scoperte in questi anni circa il clima terribile creato in Procura attorno al procuratore Borsellino. Non sappiamo se sarà possibile visto il tempo trascorso, ma noi non smetteremo mai di cercare di capire le ragioni del perché il procuratore Borsellino ebbe a definire il suo ufficio un nido di vipere». Sono le parole che l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, raggiunto dal Dubbio, ha voluto gentilmente rilasciare subito dopo la notizia della sentenza di secondo grado sulla “trattativa”. Parole che in realtà trovano riscontro nella pronuncia d’appello del Borsellino quater.

Borsellino quater, le motivazioni della sentenza d'appello

Quelle motivazioni lo dicevano chiaro e tondo: Paolo Borsellino non fu ucciso per la presunta trattativa Stato-mafia, che ora viene sconfessata dalla sentenza d’appello, ma dalla mafia «per vendetta e cautela preventiva». La vendetta è relativa all’esito del maxiprocesso, mentre la “cautela preventiva” è relativa alle sue indagini, in particolare quelle su “mafia e appalti”. Quest’ultima ipotesi, come ha scritto la Corte d’assise di appello di Caltanissetta nelle motivazioni del “Borsellino quater”, «doveva, peraltro, essere anche collegata alla circostanza riferita dal collaboratore Antonino Giuffrè sui “sondaggi” con “personaggi importanti” effettuati da Cosa Nostra prima di decidere sull’eliminazione dei giudici Falcone e Borsellino oltre che sui sospetti per i quali lo stesso Borsellino, il giorno prima dell’attentato, aveva confidato alla moglie “che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo , ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò accadesse”». Sempre nella sentenza nissena viene citato il fatto che l’arrivo di Borsellino nel nuovo ufficio della Procura di Palermo «era stato percepito con preoccupazione da Cosa Nostra, al punto che Pino Lipari (vicino ai vertici dell’organizzazione mafiosa) aveva commentato il fatto dicendo che avrebbe creato delle difficoltà a “quel santo cristiano di Giammanco”».

Mafia-appalti e il legame con la strage di via D'Amelio

La Corte d’assise di appello di Caltanissetta si è molto soffermata sull’indagine “mafia e appalti” come concausa della strage di via D’Amelio. Lo rimarca osservando che Borsellino aveva mostrato particolare attenzione alle «inchieste riguardanti il coinvolgimento di “Cosa Nostra” nel settore degli appalti pubblici, avendo intuito l’interesse strategico che tale settore rivestiva per l’organizzazione criminale». Viene riportato ciò che il collaboratore Giuffrè aveva riferito, in sede di incidente probatorio, all’udienza del 5 giugno 2012. Ovvero che le ragioni dell’anticipata uccisione del giudice Borsellino erano «anche da ricondurre al timore di Cosa Nostra che quest’ultimo potesse divenire il nuovo capo della Direzione Nazionale Antimafia nonché al timore delle indagini che il medesimo magistrato avrebbe potuto compiere in materia di mafia e appalti, con specifico riferimento al rapporto presentato dal Ros dei Carabinieri alla Procura di Palermo, su input del giudice Giovanni Falcone, nel quale erano stati evidenziati appunto i rapporti fra Cosa nostra, politica e imprese aggiudicatarie. Con particolare riferimento alle interferenze dei boss in un rapporto triangolare fondato sulla condivisione di illecite cointeressenze economiche che coinvolgeva, mettendoli ad un medesimo tavolo, il mondo imprenditoriale, politico e quello mafioso». Troppi anni si sono persi alla ricerca di entità e terzi livelli, mentre la verità è sotto gli occhi di tutti. Il Dubbio è riuscito a trovare nuovi documenti.

I verbali del Csm

Dai verbali del Csm in cui sono riportate le testimonianze dei magistrati nel 1992, al documento da cui si evince come Falcone e Borsellino ritenessero che l’omicidio di Salvo Lima e del carabiniere Guazzelli fosse legato al fatto che si erano rifiutati di intervenire per insabbiare il procedimento “mafia-appalti”. Ciò significherebbe che la stagione stragista si sarebbe avviata proprio per la questione dell’indagine sugli appalti. Sarebbe ora che la Procura di Caltanissetta prenda spunto dalla sentenza del Borsellino quater stesso. Magari acquisendo i documenti nuovi portati avanti dalla difesa degli ex Ros. Paolo Borsellino cosa avrebbe voluto denunciare alla Procura nissena? Gli indizi li la lasciati lui stesso, dai convegni pubblici alle chiacchierate con persone ancora viventi. Magari si potrebbe iniziare da quella Procura che Borsellino definì «di vipere».