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IMAGOECONOMICA
Tutelare l’equo compenso è un buon motivo perché un Ordine possa accedere a una convenzione stipulata tra un’associazione di enti pubblici e una società privata per cedere a quest’ultima il contenzioso. Lo afferma il Consiglio di Stato con la sentenza 20.3.2024 n. 2694.
La questione riguarda un accordo-quadro concluso tra Asmel, un’associazione di enti locali, e la società Lexcapital. Accordo non conosciuto – da qui l’accesso – ma che ha avuto ampia diffusione grazie alle dichiarazioni dei firmatari, secondo cui “il finanziamento del contenzioso a cura di un privato capace e competente” è un modo per gli enti locali di acquisire un “supporto tecnico legale in maniera gratuita”; fino ad affermare, senza incertezze, che “LexCapital agirà in giudizio al posto dell’ente”.
Per verificare se ciò rispettasse l’equo compenso – cui le amministrazioni sono tenute – l’Ordine degli avvocati di Roma, quale ente esponenziale degli iscritti, aveva chiesto ad Asmel di accedere all’accordo. E, non ricevendo riscontro, aveva proposto ricorso al Tar Lombardia, ottenendo una sentenza favorevole; che il Consiglio di Stato ha ora confermato.
Tutti d’accordo sul fatto che Asmel – pur costituita di enti pubblici – abbia natura privatistica. Ma il diritto di accesso è previsto anche nei confronti di soggetti privati se svolgono un’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. E, sottoscrivendo l’accordo-quadro, Asmel ha compiuto un’attività di quel tipo: la cessione di diritti secondo il modello del “litigation funding” – afferma il Consiglio di Stato – “non è una mera attività di diritto privato, risolvendosi al contrario nella scelta di un contraente della Pubblica Amministrazione (il c.d. funder), che provvederà alla gestione del contenzioso quale cessionario dei diritti già in capo agli Enti Locali cedenti”.
A una simile attività l’Ordine degli avvocati ha interesse ad accedere. Bastano le notizie di stampa – afferma la sentenza – a radicare l’interesse concreto e attuale all’accesso: sono atti “potenzialmente idonei a consentire la violazione delle prescrizioni di legge che impongono di remunerare le prestazioni professionali con un equo compenso”. Né l’accesso è impedito dal pericolo “di disvelare le strategie commerciali della LexCapital”: ciò potrà essere considerato in un preventivo contraddittorio con la società.
Sullo sfondo, la questione della possibilità per un ente pubblico di cedere il proprio contenzioso. Non era oggetto della causa, ma un passaggio pare significativo: si tratta di una “scelta che, peraltro, lo si osserva incidentalmente, avviene attraverso un meccanismo di dubbia legittimità”.