In un’intervista rilasciata al “Giornale”, l’ex procuratore di Venezia, Carlo Nordio, torna a parlare delle questioni inerenti la giustizia italiana. Il magistrato, ora in pensione, ha sempre preso una posizione netta contro le correnti togate, criticando spesso e volentieri il modo in cui vengono condotte le indagini. Oggi ribadisce un concetto molto importante: «E’ grave condannare un innocente». E aggiunge: «Delle due funzioni del processo penale, non lasciare impunito il delitto e non condannare l'innocente, la seconda è di gran lunga la più importante, non solo per il cittadino, ma proprio per lo Stato. Lo Stato può anche sopravvivere - sia pur malamente - se non riesce a punire i crimini. Ma se condanna gli innocenti perde legittimazione etica e politica, si sgretola e spesso soccombe in modo violento alla ribellione popolare o alla rivoluzione». Un tema tanto caro a Carlo Nordio, così come a tanti nel panorama della giustizia italiana, è senza dubbio quello legato alla separazione delle carriere. «La separazione delle carriere è consustanziale al sistema processuale accusatorio, cosiddetto alla Perry Mason, che noi abbiamo adottato in modo imperfetto con l'attuale codice Vassalli. Nei Paesi dove questo sistema è vigente, dagli Usa al Regno Unito, dal Canada all'India ecc. non esiste la possibilità di transitare dall'una funzione all'altra come da noi. Dirò di più. Nel sistema americano il giudice può diventare pm perché questa carica è elettiva. E se questo District Attorney infila una serie di indagini costose e sbagliate viene mandato a casa, mentre da noi viene promosso, com'è accaduto nel caso Tortora e in tanti altri. In conclusione la separazione delle carriere è necessaria ma non sufficiente per un sistema realmente liberale». La risposta di Nordio, però, va in profondità e spiega ancora meglio il suo pensiero. «Dobbiamo scegliere tra i due sistemi inglese e americano, e coniugare poteri e responsabilità: in Gran Bretagna il pm è l'avvocato dell'accusa, e non dirige le indagini, affidate a Scotland Yard: mentre in Usa il Procuratore è il capo della polizia giudiziaria, come da noi, ma ha una responsabilità elettorale. L'Italia è l'unico paese al mondo dove il pm ha le garanzie del giudice e i poteri del super-poliziotto, senza rispondere a nessuno». Durante l’intervista non manca un riferimento al libro di Sallusti e Palamara. Il passaggio è sul pregiudizio politico-ideologico che possono avere gli italiani, avendo letto il “Sistema”. «È vero che ha consolidato questo pregiudizio. In realtà credo che più che da motivazioni politiche o ideologiche alcune inchieste costose e infondate contro politici siano state ispirate e da protagonismo personali. Non so quale delle due ipotesi sia peggio». Sulla riforma della Cartabia, invece, Carlo Nordio afferma che «la riforma Bonafede era una mostruosità giuridica che tra l'altro avrebbe prolungato i processi all'infinito, mentre l'Europa condizionava gli aiuti a una giustizia più rapida. La Cartabia ha fatto quindi una sorta di miracolo, o di gioco di prestigio. Non poteva umiliare i grillini al punto da intervenire sulla loro bandiera, cioè sulla prescrizione, che estingue il reato; e allora ha raggiunto lo stesso risultato intervenendo con l'improcedibilità che estingue il processo. Questo creerà enormi problemi applicativi, ed è logico che molti giuristi abbiano sollevato perplessità. Ma intanto l'Europa è rimasta soddisfatta, i soldi stanno già arrivando, e questo era ciò che contava e che conta». Infine, la chiacchierata non poteva che terminare sul Csm e sulle recenti dichiarazioni al Corriere della Sera del procuratore di Milano, Francesco Greco. «Il sorteggio? Un sorteggio non tra i passanti, ma nell'ambito di un canestro composto da magistrati già valutati tre volte, da docenti universitari di materie giuridiche e dai componenti dei consigli forensi e delle camere penali. Tutte persone, per definizione, intelligenti e preparate, ma svincolate dal legame elettorale con i magistrati sui quali si dovranno pronunciare». E sul caso Storari-Davigo conclude così: «Greco è un bravissimo magistrato, ma è come il duca di Buckingham nel Riccardo III di Shakespeare: uno dei primi a spianare la strada alla auto-referenzialità della magistratura, e uno degli ultimi a sentire il peso della sua tirannide. Il pool di Milano avrà avuto alcuni meriti, ma è stato il promotore di quella autocertificazione di virtù della magistratura, nella sua funzione palingenetica e salvifica della democrazia, che oggi si critica. Tutti ricordiamo la "bravade" televisiva quando i pm di Milano, compreso Greco, protestarono contro il decreto Biondi. Fui l'unico pm a denunciarne i pericoli, e per tutta risposta fui convocato dai probiviri dell'Anm per renderne conto. Li mandai al diavolo, ma Greco, che è persona molto intelligente, avrebbe dovuto capirlo allora».