«L’inchiesta rimane contro ignoti». A comunicarlo sono fonti della Procura di Agrigento. Sono state interpellate ieri pomeriggio dall’agenzia Adnkronos, che ha raccolto una risposta sì asciutta ma, in virtù di quel «per ora», non proprio rassicurante per Matteo Salvini. L’ormai uscente ministro dell’Interno, giovedì, aveva voluto giocare d’anticipo affermando di «non temere» la nuova indagine in arrivo nei suoi confronti dalla Procura siciliana.

Tutto nasce dalle motivazioni con cui il gip di Agrigento, Stefano Zammuto, ha disposto il dissequestro della nave Open Arms, a cui aveva posto i sigilli il procuratore Luigi Patronaggio dopo che le persone a bordo avevano atteso 19 giorni prima di sbarcare. «Sussiste - si legge nel provvedimento - il fumus del reato di sequestro di persona da parte dei pubblici ufficiali, in corso di identificazione, sulla base del fatto che il Tar aveva sospeso il divieto di ingresso in acque territoriali e i migranti quindi, sono stati trattenuti indebitamente dal 14 agosto». Inoltre, «è stato omesso il preciso obbligo di individuare un porto sicuro spettante all’Italia, in quanto primo approdo in base al Trattato di Dublino».

Argomentazioni che ieri hanno fatto “esultare” lo staff della Ong spagnola: «Riteniamo questo provvedimento di estrema importanza: è ribadita, ancora una volta, la necessità del rispetto delle Convenzioni internazionali e del diritto del mare, nonché la tutela della vita e della dignità delle persone in condizioni di fragilità».

Cosa potrà succedere adesso? La vicenda ricorda in fotocopia quella della nave Diciotti, il pattugliatore della Marina con a bordo 177 migranti a cui lo scorso inverno Salvini aveva impedito di sbarcare. Anche allora i magistrati ipotizzarono il sequestro di persona nei confronti di chi aveva disposto il divieto di sbarco. E identiche furono le scelte investigative: sequestro di tutti gli atti e documenti presso il Viminale e la Guardia costiera per ricostruire i passaggi di comunicazione tra i vari organi di comando.

Per la nave Diciotti, il procuratore di Agrigento trasmise il fascicolo, poi aperto nei confronti del Capo del Viminale, al Tribunale dei ministri di Catania. Il collegio catanese, che ha competenza distrettuale ed è attualmente composto da giudici Nicola La Mantia, Sandro Levanti e Paolo Corda, condivise l’impianto accusatorio e mandò gli atti alla giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama, essendo Salvini senatore. All’epoca, però, la maggioranza di governo era un’altra e la richiesta dei magistrati venne rispedita al mittente.

Difficile adesso che il Pd, dopo tutte le polemiche sulla gestione del fenomeno migratorio, faccia sconti al capo della Lega. Anche se, con il voto segreto, non sono da escludersi sorprese.