Prima prova del fuoco per la neo segretaria del Pd Elly Schlein che ieri pomeriggio ha riunito congiuntamente i gruppi parlamentari di Camera e Senato. La segretaria ha provato in tutti i modi ad evitare la conta in vista della nomina dei nuovi capogruppo mantenendo ferma la posizione iniziale e cioè l’indicazione di nuovi presidenti di sua completa fiducia individuati in Francesco Boccia per il Senato e Chiara Braga per Camera.

«Ritenevo utile un primo momento di confronto sulla nuova fase e sulle priorità dell’attività politica e parlamentare. Oggi, invece, affronteremo la questione degli assetti». Ha detto Elly Schlein, facendo intuire le sue intenzioni fin dall’inizio della riunione. «Abbiamo visto cambiare il clima intorno al Pd in queste settimane, nelle piazze e nell’opinione generale, viviamo una fase positiva testimoniata dalle 16 mila tessere che sono arrivate in pochissimo tempo. Vorrei che tutti insieme consolidassimo questo momento per rafforzare il Pd».

Apertura soft dopo ore di febbrile trattative che si sono susseguite fin da sabato scorso per convincere le truppe bonacciniane che continuavano a pretendere almeno uno dei capigruppo, in considerazione dei risultati ottenuti ai gazebo e alla vittoria del loro candidato tra gli iscritti. Schlein, però, ha tenuto duro e trovato il modo di spiegare, direttamente e indirettamente, ai vari Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e compagnia cantante di avere la necessità di uomini di estrema fiducia in quelle postazioni. Le compensazioni dovrebbero arrivare con la nuova segreteria, anche se l’accordo verrà chiuso in un secondo momento.

Un primo passaggio dovrebbe essere quello di arrivare ad un esecutivo di almeno dodici componenti, anche qualcuno in più se necessario fino ad un massimo di quindici, per poter concedere un numero di postazioni congruo agli uomini di Bonaccini. In particolar modo potrebbe essere concessa all’area che ha sostenuto il governatore dell’Emilia Romagna uno dei due vicesegretari e il nome in pole potrebbe essere quello dell’eurodeputata Pina Picerno che, peraltro, non ha preso parte alla riunione di sabato convocata da Bonaccini ed ha espresso apprezzamento per la nuova gestione di Schlein. Insieme a lei vicesegretario di maggioranza dovrebbe essere Peppe Provenzano o, in subordine, Marco Furfaro.

Questa nomina in solitaria, però, non sarebbe certo sufficiente ad accontentare le truppe di Bonaccini che chiedono almeno l’attribuzione di qualche delega di rilievo. Non potendo ottenere quella all’organizzazione che la segretaria ha intenzione di tenere per sé, si punta ad ottenere almeno quella agli Esteri con Alessandro Alfieri.

La partita reale, però, dovrebbe cominciare dopo la giornata di domani che vedrà la sostituzione ufficiale dei capigruppo uscenti ai quali Schlein ha voluto rivolgere un sentito ringraziamento per il lavoro svolto al servizio del partito. «Un ringraziamento forte - le parole della segretaria - a Letta, Serracchiani e Malpezzi che hanno retto in una fase di transizione lunga e complessa. Hanno fatto un lavoro encomiabile in condizioni difficilissime: stretti tra la sconfitta alle ultime elezioni politiche e l’attesa del congresso» . E poi un messaggio chiaro ai naviganti, anticipato già a Bonaccini, e relativo alla necessità di dare un segno di discontinuità rispetto al passato, eliminando le continue tensioni determinate dagli appetiti delle correnti e dalla lotta intestina che ha dilaniato il partito negli ultimi anni. «Gestione unitaria» e «collegialità» i termini più gettonati durante la riunione dalla segretaria che vuole che la segreteria unitaria venga messa realmente alla prova. «Abbiamo nodi politici importanti davanti a noi, è innegabile. Dobbiamo provare a scioglierli insieme salvaguardando tra noi la chiarezza - ha detto ancora Schlein - La collegialità è un punto dirimente. Dovremo essere bravi a far lavorare bene il partito e i gruppi nel pieno rispetto della loro autonomia».

I più riottosi all’accordo nell’area di Bonaccini, e tra questi Base Riformista di Lorenzo Guerini e la componente rimasta legata a Matteo Orfini, però, giudicano troppo esigua l’offerta e l’apertura di Schlein e suggeriscono di subire la doppia nomina, senza rotture clamorose, ma restando fuori dalla segreteria. Un modo per liberarsi le mani e potere gestire una opposizione interna alla segreteria in grado di avere peso al momento delle decisioni importanti e alla vigilia degli appuntamenti elettorali. O, almeno, alzare il prezzo e ottenere più deleghe possibile nel nuovo esecutivo Pd.