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MATTEO SALVINI MINISTRO MIT
Matteo Salvini ostenta soddisfazione, ma con la dovuta dose di prudenza. Dopo mesi di gelo, è ormai cosa acclarata che Fratelli d’Italia sia disposta a discutere sul tema del terzo mandato per i governatori, una battaglia storica per la Lega. «C'è apertura, sono contento», ha dichiarato il leader del Carroccio, lasciando intendere che qualcosa si stia davvero muovendo dentro la maggioranza. Ma dietro questo sorriso c'è molto di più: un equilibrio delicato che potrebbe ridisegnare le strategie del centrodestra nei prossimi mesi. Il segnale che arriva da via della Scrofa non è casuale. La questione del terzo mandato si intreccia con un altro dossier caldo: la riforma della legge elettorale.
All’interno del governo si sta lavorando sottotraccia per superare l’attuale sistema misto e introdurre un proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione che supererà il 40% dei voti. Un cambio di rotta che non entusiasma affatto la Lega. Storicamente, il Carroccio ha costruito gran parte del suo successo parlamentare proprio grazie ai collegi uninominali, dove il buon radicamento territoriale ha sempre garantito performance sopra la media. Passare a un proporzionale significherebbe, per Salvini, giocarsi parte di quel vantaggio competitivo.
Eppure, l'ipotesi di rimuovere il vincolo del doppio mandato per i presidenti di Regione potrebbe cambiare le carte in tavola. Salvini non lo dice apertamente, ma la disponibilità a sedersi al tavolo della legge elettorale potrebbe arrivare proprio in cambio di una concessione pesante sul terzo mandato. È una partita a scacchi dove nessuno vuole scoprirsi troppo presto, ma il tempismo è tutto: la prossima tornata di elezioni regionali è prevista tra l'autunno e la primavera del 2026 e modificare le norme sui mandati richiede tempo. Le finestre parlamentari utili si restringono e, se il centrodestra vuole davvero portare a casa entrambe le riforme, bisognerà accelerare.
Il pressing della Lega si farà verosimilmente più intenso. Salvini vuole certezze, non solo aperture di principio. Sa bene che senza un cambio di passo rapido, la finestra politica rischia di chiudersi e con essa la possibilità di garantire una nuova candidatura a governatori come Luca Zaia, ormai al termine del secondo mandato. Proprio Zaia è il nome simbolo di questa battaglia: leader popolarissimo in Veneto, spina nel fianco e al tempo stesso risorsa fondamentale per la Lega, il governatore è da tempo al centro delle trattative interne.
E non è un mistero che lo stesso Salvini abbia bisogno di tenere saldo il rapporto con il fronte nordista, da sempre sensibile al tema del radicamento territoriale e della continuità amministrativa. Dall'altra parte, Fratelli d'Italia valuta con prudenza. L'apertura sul terzo mandato non è un via libera incondizionato. C'è chi, nel partito della premier Giorgia Meloni, teme che concedere troppo possa rafforzare ulteriormente le leadership regionali leghiste, squilibrando i pesi interni alla coalizione. La bilancia, però, potrebbe tornare in equilibrio proprio con la riforma elettorale: il proporzionale con premio alla coalizione è un meccanismo che garantirebbe comunque la centralità del partito più forte, in questo caso Fratelli d’Italia, e potrebbe servire a ricompattare l'alleanza attorno a un obiettivo comune.
Salvini osserva e aspetta, consapevole che questa volta le promesse non basteranno. Vuole vedere passi concreti e li vuole presto. Il tempo stringe e le Regionali si avvicinano. La posta in gioco è cospicua: non solo il futuro degli assetti di governo nelle Regioni chiave, ma anche la struttura stessa della competizione politica nazionale.