A una settimana esatta dalla vittoria netta del centrodestra nelle Marche, la politica italiana si prepara a un nuovo banco di prova con le elezioni regionali in Calabria. Qui i pronostici parlano chiaro: l’uscente Roberto Occhiuto, governatore di Forza Italia, si avvia verso una conferma senza particolari scosse (ma in queste occasioni ovviamente la sorpresa è sempre dietro l’angolo).

Un test che rischia di trasformarsi in un’altra pietra tombale sul morale di un centrosinistra ancora una volta diviso, e che ha scelto di puntare tutto sulla candidatura di Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps e “padre” del reddito di cittadinanza, simbolo delle battaglie grilline più identitarie.

Lo schema è chiaro: dopo le Marche, anche la Calabria dovrebbe consegnare un risultato favorevole al fronte guidato da Giorgia Meloni. E per la premier sarebbe il due a zero che cercava, un doppio successo da spendere subito in questa fase politica carica di insidie. Sul tavolo, infatti, non ci sono solo i venti di crisi internazionale e le ricadute interne in materia di sicurezza, ma anche la partita delicatissima della manovra economica, tradizionalmente accompagnata da tensioni tra i partiti della maggioranza.

Il messaggio politico è semplice: «Noi vinciamo, voi perdete». Con due regioni su due blindate, Meloni potrebbe rivendicare che la coalizione “il suo lo ha fatto”, lasciando al centrosinistra l’onere di dimostrare di saper competere almeno in quei territori, come Toscana, Campania e Puglia, dove i pronostici appaiono più favorevoli. Una sfida che si carica di significati nazionali: se è vero che nessuno dubita della tenuta del centrosinistra in Toscana o del potere radicato di Emiliano in Puglia e di De Luca in Campania ( pronti ad essere ereditati da Decaro e Fico), è altrettanto evidente che l’opposizione non riesce a costruire un messaggio competitivo laddove la destra si presenta compatta.

A pesare, in Calabria come altrove, è anche la frattura tra Pd e M5S, che nonostante le prove di “campo largo” continua a produrre più veti che alleanze solide. L’elettorato democratico potrebbe faticare a digerire un candidato pentastellato come Tridico, percepito come estraneo e talvolta ostile, mentre tra i grillini rimane forte la diffidenza verso il Pd, visto come il simbolo di quella politica “di palazzo” contro cui il Movimento è nato (e come è stato evidente nelle Marche con Ricci). Una reciproca antipatia che rischia di svuotare la competizione di senso, lasciando a Occhiuto il compito più semplice: capitalizzare la disunità avversaria.

Per Forza Italia, la sfida calabrese ha un valore aggiunto. Dopo anni passati a inseguire gli alleati e a difendere uno spazio ridotto, il partito di Antonio Tajani può rivendicare di esprimere un presidente di regione competitivo e popolare, in grado di portare a casa una vittoria netta. Occhiuto diventa così il simbolo di un partito che, pur tra mille difficoltà nazionali, riesce a mostrare vitalità sul territorio. Non a caso, in ambienti azzurri si parla già di “momento di gloria”: l’occasione per far vedere che Forza Italia non è una forza subalterna, ma può ambire a un ruolo più incisivo nella definizione degli equilibri interni al centrodestra.

Intanto, la premier non abbassa la guardia. I toni di queste settimane, e anche degli ultimi giorni, confermano una strategia precisa: mantenere l’iniziativa, non concedere spazio a Salvini e Vannacci, che hanno chiuso insieme la campagna elettorale della Lega in Calabria per ribadire che il Carroccio resta in campo. Una presenza che Meloni non intende sottovalutare: il vero obiettivo, oltre a sconfiggere il centrosinistra, è marcare la leadership interna alla coalizione, evitando che il duo Salvini- Vannacci possa erodere consensi a destra.

La sfida calabrese, dunque, vale più di un passaggio locale. È il tassello di una narrazione che la presidente del Consiglio vuole consolidare: centrodestra unito e vincente, opposizione disorientata e in cerca d’autore. In questo schema, il due a zero delle regionali servirebbe a rafforzare la premier sul piano interno e internazionale, proprio mentre l’autunno politico promette di essere tra i più complicati degli ultimi anni.