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LaPresse
Un articolo dal vago sapore complottista, che ha innescato un incidente istituzionale dopo l'intervento di un autorevole esponente del partito della premier Giorgia Meloni. Al centro di tutta la vicenda un presunto scoop del direttore del quotidiano La Verità Maurizio Belpietro, che ha tirato in ballo il Quirinale, per l'esistenza di una macchinazione che dovrà impedire all'attuale inquilina di Palazzo Chigi di restare al governo e al centrodestra di eleggere il prossimo presidente della Repubblica.
Tesi che avrebbero verosimilmente suscitato una tiepida smentita da parte dei responsabili della comunicazione del Colle, ma che per effetto dell'intervento della politica hanno avviato una polemica dai toni decisamente aspri. È stato infatti il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami a rilanciare con grande enfasi il retroscena di Belpietro, tirando in ballo in particolare il consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani. Una forzatura sufficiente a costringere il Quirinale a rompere gli indugi con una nota durissima, dal lessico insolitamente diretto: «Al Quirinale», si legge, «si registra stupore per la dichiarazione del capogruppo alla Camera del partito di maggioranza relativa che sembra dar credito a un ennesimo attacco alla Presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo».
Il quotidiano evocava un presunto “piano” contro la premier: una grande lista civica per arginare il centrodestra, giudici pronti a mettere «i bastoni tra le ruote» all’esecutivo, fino all’ipotesi di una crisi finanziaria. Il tutto attribuito a Garofani. Bignami, a metà mattinata, aveva preteso con una nota una smentita immediata e aveva avvertito che, in mancanza di questa, avrebbe “dedotto” la fondatezza di quanto scritto da Belpietro. Una posizione che ha inevitabilmente innescato la reazione del Quirinale.
Immediata, ovviamente, anche la reazione delle opposizioni: Pd, M5s, Avs e Azione hanno chiesto alla premier di riferire in Aula. La dem Chiara Braga ha denunciato «un attacco inaccettabile alla presidenza della Repubblica», mentre la pentastellata Vittoria Baldino ha parlato di «atto intimidatorio». Il segretario di +Europa Riccardo Magi ha definito il tutto «inaudito» e Italia Viva ha aggiunto che la manovra contro il Colle è «vergognosa» e chiesto a Palazzo Chigi di prendere le distanze. Per molti esponenti della minoranza, l’operazione di Bignami è servita soprattutto a spostare il dibattito, in un momento in cui la crescita italiana rallenta e la maggioranza ha bisogno di compattare il proprio fronte.
Anche la segretaria del Pd Schlein è intervenuta, affermando che «il Presidente Mattarella ha un ruolo di guida, di unità nazionale, di garante della Costituzione che è riconosciuto da tutto il Paese. Chiunque provi mai a dire una cosa diversa, ci troverà dall'altra parte». Investito dalle critiche, Bignami si è difeso attaccando: «Il Quirinale», ha detto, «non c’entra nulla, non si commenta: si ascolta e basta» per poi insistere però sulla necessità di una smentita da parte del consigliere Garofani e rilanciare contro le opposizioni, accusandole di voler mettere «il bavaglio» alla stampa non allineata.
Ma l'intervento più rilevante è stato quello del sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro della premier Giovanbattista Fazzolari, che ha difeso la lealtà istituzionale di Mattarella e assicurato che nessuno ha mai messo in dubbio la sua posizione “super partes”. Ma, pur respingendo l’idea di uno scontro col Colle, Fazzolari ha tenuto il punto sulla richiesta di smentita al consigliere.
La vicenda, inoltre, ha riaperto un tema che attraversa l’intera legislatura: il rapporto sempre più teso tra la maggioranza e gli organismi di garanzia. Negli ultimi mesi, tra frizioni sulla giustizia e polemiche con la Corte dei Conti, si è registrata una crescente tentazione di imputare a poteri esterni una presunta ostilità verso il governo. L’uscita di Bignami si inserisce verosimilmente in questo schema, alimentando l’idea di un fronte istituzionale che remerebbe contro l’esecutivo. Per le opposizioni, parimenti, non si tratta di un episodio isolato ma di una strategia: evocare complotti, creare un clima di accerchiamento e compattare la base in una fase politicamente delicata.
Non a caso sottolineano come la polemica arrivi mentre la crescita economica rallenta e mentre tornano sul tavolo i dossier più divisivi, dall’autonomia differenziata (firmate oggi le preintese con le regioni del Nord sulle materie non-Lep) al referendum sulla giustizia.


