Molti riformisti del Pd, l’hanno già detto, non andranno a votare. Non tanto per fare un dispetto alla segretaria dem Elly Schlein (non solum, sed etiam...) quanto perché non riuscirebbero proprio a votare contro una legge, in questo caso il Jobs act, che non solo hanno votato e approvato ma che in alcuni casi hanno addirittura concorso a scrivere, fornendo spunti e riflessioni e spesso discutendo contro un gran pezzo della sinistra che quella legge non l’ha mai digerita.

E che ora, con il leader della Cgil in primis, cerca di farla pagare al leader di Iv Matteo Renzi, che nel frattempo non è più presidente del Consiglio, è uscito dal Pd, si è fatto un partito suo, ha cercato un’alleanza al centro che poi è saltata e ora sta ancora cercando il proprio “posto nel mondo” all’interno del centrosinistra. Insomma, rispetto all’epoca del Jobs act, è passata una vita. «Se dieci anni fa hanno votato per il Jobs act, questi riformisti del Pd potrebbero anche trovare un sussulto di orgoglio - hanno detto ieri Renzi a Start - Non lo fanno, perché hanno paura che Schlein li metta fuori dalle liste».

Il punto, secondo il leader di Iv, è che «lei non ha i suoi dentro il Parlamento, pur avendo il partito». Per poi attaccare Landini. «Penso sia un errore della Cgil aver fatto questo referendum ora - ha aggiunto - Se si vuole stare sulle questioni della qualità e non del paleolitico, il dramma di oggi non sono i licenziamenti ma i salari bassi non all’altezza delle aspettative delle famiglie: il mondo va a pezzi e stiamo a discutere di una cosa di dieci anni fa».

Contro il leader della Cgil anche il segretario di Azione, Carlo Calenda, secondo il quale i quesiti sul lavoro sono «un pezzo della campagna elettorale di Landini per diventare il leader del centrosinistra». Per questo Calenda prenderà tutte e cinque le schede, ma l’unico «si» sarà per il quesito sulla cittadinanza. «Darò questa come indicazione di voto, anche se dobbiamo renderci conto che i referendum sono un’arma spuntatissima, raggiungere il quorum è diventato impossibile e così si dà il la alla destra per dire: “Vedete, abbiamo ragione no” - ha spiegato Calenda al Corriere Crolla il mondo intorno, crollano le industrie italiane, il costo dell’energia va alle stelle e la sinistra italiana va dietro a quello che dice La Russa, è ridicolo: questo scontro ideologico fa felice la sinistra che così non deve giustificare il fatto che sta smentendo quello che aveva avallato».

Ma ci sono anche “ex renziani”, se così si possono definire, che invece voteranno anche contro il Jobs act, come nel caso dell’ex sindaco di Pesaro e attuale candidato del centrosinistra alla guida delle Marche, Matteo Ricci. «È grave l’invito al non voto ai referendum dell’ 8 e 9 giugno - ha spiegato - Il Partito democratico si sta impegnando, giustamente, nel promuovere la partecipazione ai cinque referendum: dopo una riflessione interna, abbiamo deciso una linea comune, che è quella dei cinque Sì, sia sul tema della cittadinanza che sui quesiti relativi al lavoro. Sappiamo che è una campagna difficile, poiché in pochi ne parlano sui media, ma non viene meno il nostro impegno nel chiedere partecipazione ai cittadini».

E in quel «grave», oltre al riferimento alle parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa, il quale ha detto che farà «propaganda per l’astensione», c’è anche un riferimento alla segretaria della Csil, Daniela Fumarola, che ha spiegato come per il sindacato il referendum «non è lo strumento giusto» per affrontare i temi in questione, e dunque anche l’ipotetico superamento del Jobs act. Ma tant’è. Di certo continuano le polemiche delle opposizioni contro la maggioranza, accusata di atteggiamento anti democratico. «Svolgere il referendum insieme al primo turno di elezioni amministrative sarebbe stato un atto di democrazia, per favorire la partecipazione alle urne, e rendere finalmente strutturale il diritto di voto per i fuori sede sarebbe stata una scelta di civiltà perché è assurdo che nell’era digitale chi abita in un luogo diverso dalla sua residenza, per motivi di studio, di lavoro o di salute, sia penalizzato nell’esercizio del diritto di voto - ha detto il capogruppo di Avs nella commissione Affari costituzionali della Camera, Filiberto Zaratti - Ebbene la destra ha scelto di boicottare la prima e la seconda opportunità, togliendo diritti per qualche scelta di tornaconto di bandiera. Un decreto da respingere totalmente».