Ci mette la faccia Eugenio, presidente uscente della Toscana e ricandidato con il sostegno del campo largo, dopo le polemiche delle scorse ore seguite alla firma dell’accordo tra Pd e M5S, siglato dallo stesso Giani e dall’ex vicepresidente del Senato Paola Taverna. Cioè colei del «dovete morire, fate schifo» e chi più ne ha più ne metta rivolta ai dem nel corso di infuocate campagne elettorali ai tempi del grillismo duro e puro. Un po’ troppo per diversi esponenti del Pd di ieri e di oggi, che non hanno mancato di far notare a Giani la contraddizione di firmare un patto con gli (ex) acerrimi nemici. Per di più sottoscrivendo alcuni punti chiave del M5Sm, dalla chiusura del rigassificatore di Piombino al “reddito di cittadinanza regionale”, fino alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

«Sono io alla guida della coalizione, non rinnegherò mai quello che finora ho impostato», ha detto ieri Giani parlando a Firenze, aggiungendo che «mi muoverò con continuità dove abbiamo lavorato bene e dove pensiamo di completare i lavori, naturalmente con gli elementi di novità che sono contenuti nel documento Pd- 5Stelle». Ma Giani si è spinto oltre e ha parlato della coalizione nel suo insieme. «Aggiungo il confronto costante con Avs, ovvero quell’associazione fra Verdi e Sinistra che è il terzo polo di questa coalizione - ha spiegato - Vi è poi il quarto polo, quello delle aree riformiste, più orientate a essere il centro del centrosinistra, che definiremo nei prossimi giorni».

Nello specifico, la riunione con le forze riformiste si terrà a metà della prossima settimana e a quel punto, ha aggiunto Giani, «avranno deciso come presentarsi». Il riferimento è alla spaccatura che c’è stata nella galassia centrista derivante proprio dal patto Pd- M5S, che ha portato la lista che comprende Azione, Più Europa e altri a staccarsi dall’idea di un polo unitario con Iv. «Prendiamo atto della inspiegabile rottura della lista di Avanti, più si dividono i riformisti per esigenze personali, più la coalizione sarà spostata a sinistra», ha risposto il coordinatore regionale di Iv, Francesco Bonifazi.

Sul punto Giani ha detto che «finora non c’è stato un problema, siamo andati avanti bene» e «vedevo positivamente l’ipotesi di costituire un’unica lista» ma «se non ci saranno le condizioni nelle dialettiche fra questi partiti che fanno parte dell’area riformista, che sappiamo non in Toscana ma in Italia piuttosto frammentata, studieremo quali sono le soluzioni migliori».

Ma i problemi per il centrosinistra non sono solo in Toscana, visto che anche in Puglia e Campania, altre due regioni chiave al voto nei prossimi mesi, c’è maretta sia dentro al Pd che tra dem e M5S. In Puglia la partita è tutta interna al Nazareno, con l’eurodeputato ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro che vorrebbe candidarsi ma a patto che né il presidente uscente Michele Emiliano né l’ex presidente Nichi Vendola corrano per un posto in Regione, possibilità però esclusa in primis dallo stesso Emiliano, il quale di certo non cederà a diktat imposti da altri.

Probabile che alla fine si giunga ad un accordo, visto l’incontro di ieri sul tema. «Stamattina insieme al Segretario regionale del Pd Domenico De Santis, Antonio Decaro, Michele Emiliano e Igor Taruffi si sono incontrati a Bari - ha scritto ieri in una nota la segretaria dem Elly SChlein - L'incontro è stato cordiale e costruttivo e si sono poste le basi per un lavoro comune per il futuro della Puglia». Insomma il via libera a Decaro arriverà, a patto di un ritorno politico per Emiliano. Che è un po’ quello per cui sta spingendo anche il presidente uscente della Campania, Vincenzo De Luca, il quale per il l’okay definitivo alla candidatura dell’ex presidente della Camera e suo acerrimo nemico Roberto Fico sta alzando sempre di più la posta.

Sul tavolo al momento c’è l’ipotesi che suo figlio, l’attuale deputato dem Piero De Luca, diventi segretario regionale, e a De Luca siano assicurati almeno un paio di posti nella futura guida della Regione. Un po’ troppo non solo per Fico ma anche per buona parte del Pd locale, a partire da Marco Sarracino e Sandro Ruotolo, facenti parte della segreteria nazionale e da anni desiderosi di spodestare il “cacicco” De Luca dal trono del potere in Campania.