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Francesca Albanese relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati in occasione di fanpage Rumore festival 2025. Roma Domenica 05 Ottobre 2025. (foto Mauro Scrobogna / LaPresse) Francesca Albanese, United Nations Special Rapporteur on the Occupied Palestinian Territories at the fanpage Rumore Festival 2025. Rome, Sunday October 05 2025. (Photo by Mauro Scrobogna / LaPresse)
In principio fu la scenetta al teatro di Reggio Emilia, con il sindaco Marco Massari umiliato in pubblico per aver detto che anche «la liberazione degli ostaggi», oltre «alla fine del genocidio», era una condizione fondamentale per arrivare alla pace. E giù fischi da una platea evidentemente non del tutto pacifista, con tanto di faccette da parte della relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese. Che poi se ne esce con quel «io il sindaco lo perdono, ma mi deve promettere che questa cosa non la dice più». Il sindaco, visibilmente in imbarazzo, si limita a sorridere.
È da quel giorno, forse, che qualcosa si è rotto nel rapporto fino ad allora idilliaco tra Albanese e gran parte della sinistra italiana, inteso non solo politicamente ma come opinione pubblica fortemente sostenitrice della causa palestinese e della fine di quel che viene definito genocidio (e guai ad avere dei dubbi, o addirittura pensare che non lo sia). In poche settimane sono fioccate cittadinanze onorarie, su tutte quelle della città di Bari e Bologna, inviti a eventi, conferenze, kermesse. E ancora collegamenti in presenza, su zoom, in tv.
Ed è proprio una comparsata in tv, o meglio come essa si è conclusa, ha costituito il secondo episodio di incrinatura tra Albanese e una parte di coloro che fino a lì la sostenevano a spada tratta. Perché se praticamente nessuno del Pd (cioè lo stesso partito del sindaco di Reggio Emilia) lo aveva sostenuto dopo quella umiliazione in pubblico (a onor del vero, occorre dire che nei giorni successivi Albanese si è scusata e il sindaco ha fatto intendere di non essersela presa), la “fuga” della relatrice Onu dalla trasmissione In Onda non appena un ospite ha citato la senatrice a vita Liliana Segre ha risvegliato le anime (e forse l’onore) quantomeno di una parte del Pd, con diverse prese di posizione a favore di Segre.
Tali prese di distanza sono arrivate perlopiù dalla galassia riformista, cioè dalla minoranza negli ultimi tempi molto critica verso la linea della segretaria Elly Schlein, e dai partiti centristi, oltre che da tutto il centrodestra. Con il paradosso che Segre è stata difesa a spada tratta dagli stessi che non la applaudirono quando venne eletta alla guida della commissione contro ogni forma d’odio e discriminazione.
Ma come spesso accade la toppa è stata peggiore del buco, e le parole usate da Albanese per spiegare la sua presa di posizione (al netto della “fuga” giustificata da un altro impegno pubblico...) hanno a loro volta scatenato un putiferio. Intervistata da Fanpage la relatrice Onu ha detto che «la pietra di inciampo della logica è che se una persona ha una malattia, non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia, ma da un oncologo». Non solo. Dopo aver ribadito, è bene sottolinearlo, il proprio rispetto per la senatrice a vita, ha tuttavia spiegato che[…] «c'è chiaramente un condizionamento emotivo che non la rende imparziale e lucida davanti a questa cosa».
Un po’ troppo anche per chi fino a quel momento l’aveva sempre difesa, ma una presa di posizione che di certo non stupisce chi ricorda la foto di Albanese davanti al murales dedicato a Segre con una frase sull’indifferenza e l’hashtag genocidio. «Albanese è ossessionata da mia madre ed è più una militante che una giurista», ha detto Luciano Belli Paci, figlio della senatrice a vita commentando i vari fatti degli scorsi giorni.
E così, a parte i post e le prese di posizione sui social di parlamentari e commentatori, il primo” indizio” concreto del riposizionamento nei confronti di Albanese si è avuto quando la commissione del comune di Firenze che avrebbe dovuto riunirsi l’altro giorno per decretare la cittadinanza onoraria è stata rimandata in fretta e furia per “motivi strettamente personali” di chi avrebbe dovuto presiederla.
E a proposito di Firenze, forse il centrosinistra o campo largo che dir si voglia ha ben altri problemi a cui pensare, visto che oggi la campagna elettorale di Eugenio Giani in Toscana verrà chiusa in tre momenti diversi rispettivamente da Pd, M5S e Casa riformista. Non esattamente un segnale di unità, ma al tempo stesso non c’è da stupirsi visto che ieri al Parlamento europeo la delegazione M5S a Strasburgo è stata l’unica del gruppo di sinistra di cui fa parte a votare a favore della mozione di sfiducia contro la presidente della Commissione Ursula von der Leyen presentata dal gruppo di destra dei Patrioti europei, cioè gli arcinemici di Pd e centristi.