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A pochi mesi dal voto sul referendum sulla giustizia , Giorgia Meloni sceglie di concentrare il suo messaggio pubblico su un punto: la consultazione non è un giudizio sul governo , ma «una scelta cruciale per gli italiani e per il futuro della giustizia nel Paese». Ospite del TgLa7, il presidente del Consiglio ha ribadito la natura «costituzionale e di buon senso» della riforma, che – sostiene – mira a «favorire la terzietà del giudice, difendere il merito dei magistrati rispetto alle logiche correntizie» e introdurre una «Alta Corte disciplinare, un organismo terzo» incaricato di valutare eventuali errori dei magistrati. Tre pilastri che, nelle parole del premier, renderebbero il sistema «più credibile, più equilibrato e più vicino ai cittadini».
Meloni respinge l'idea che il referendum possa trasformarsi in un voto pro o contro l'Esecutivo . «Sono norme che in passato sono state sostenute anche da esponenti dell'opposizione», ricorda, criticando le forze politiche che oggi puntano su un approccio puramente politico: «Non sapendo che dire, dicono “andate a votare per mandare a casa la Meloni”. Ma il governo resta in carica fino alla fine della legislatura qualunque sia l'esito». Da qui l'invito agli elettori a concentrarsi esclusivamente «sul merito delle norme», perché «la maggioranza degli italiani sa che la giustizia può e deve migliorare». L'appello finale è diretto: «A quegli italiani consiglio di votare sì».
Il discorso sulla giustizia si intreccia con quello sul premierato , altra riforma a cui Meloni tiene particolarmente. La premier non esclude un nuovo referendum entro il 2026 per consentire l'entrata in vigore della riforma in tempo per le elezioni del 2027. «Se dipendesse da me, volentieri», afferma, pur rilevando che «i tempi del Parlamento non dipendono da me, ci sono tempi tecnici». Rigetta anche la narrazione secondo cui il premierato sarebbe stato accantonato: «Non lo abbiamo mai messo in un cassetto. È una norma necessaria che restituisce potere ai cittadini e garantisce stabilità».
La presidente sottolinea come l'attuale governo non necessita personalmente di questa riforma – «per paradosso siamo già un governo stabile» – ma insiste sull'importanza di evitare che l'Italia «torni alla fragilità del passato». Se il referendum si farà prima del 2027, bene; altrimenti, osserva, almeno «non si potrà dire che lo abbiamo fatto per noi stessi».
Nel suo intervento Meloni affronta anche il tema economico, d ifendendo la manovra e la scelta di concentrare le risorse «sui salari e sul potere d'acquisto» . Riconosce che con più fondi si avrebbe potuto fare di più, ma rivendica la necessità di far fronte alla spesa legata al Superbonus: «Nello stesso anno in cui faccio una legge di bilancio da 18,7 miliardi, pago 40 miliardi di Superbonus. Se le risorse non ci sono...». Secondo la premier, i dati Istat non fotograferebbero appieno gli effetti delle misure adottate , perché «calcolano il salario reale sul lordo, mentre le nostre misure incidono sul netto». Per Meloni è comunque innegabile che «dal 2023 gli stipendi crescono più dell'inflazione» e ciò sarebbe merito dell'azione dell'esecutivo.
Non manca una parentesi polemica con i cronisti: «Questi sono falsi storici», afferma in risposta alle domande sul rapporto complesso con la stampa . E rilancia: «Poi facciamo il conto delle domande a cui rispondo durante un anno».
Sul fronte politico interno, Meloni torna sul tema del confronto con l'opposizione . «Mi sono detta disponibile più volte a un confronto con il leader dell'opposizione. Quando mi diranno chi è», dichiara, senza citare direttamente la segretaria del Pd Elly Schlein. «Non mi infilo nelle dinamiche dell'opposizione. Ci dicano chi è il leader e ci confronteremo ».
A livello internazionale, Meloni deve ridimensionare la lettura allarmistica della nuova strategia di sicurezza nazionale statunitense , critica verso gli alleati europei. «Non parlerei di un incrinarsi dei rapporti», afferma. Secondo la premier, il documento Usa «dice con toni più assertivi qualcosa che nel dibattito tra Stati Uniti ed Europa va avanti da tempo»: l'Europa deve essere capace di difendersi da sola . È un concetto che Meloni rivendica come proprio da anni: «Quando appalti la sicurezza a qualcun altro c'è un prezzo da pagare. Gli americani difendono i loro interessi perché hanno la forza per farlo. L'Europa deve fare lo stesso».
Infine, il dossier Ucraina . La premier ribadisce la posizione del governo: « Abbiamo sostenuto Kiev per costruire la pace, che si costruisce con la deterrenza ». Una linea che intende mantenere anche ora che «emergono embrioni negoziali». Nonostante le parole di Matteo Salvini, tornato a dubitare dell'invio di nuove armi, Meloni sottolinea la solidità dell'esecutivo: «L'Italia ha potuto avere una postura seria e forte grazie a una maggioranza compatta». Ascoltare gli alleati, precisa, è sempre utile, ma «aiutare a prendere decisioni più consapevoli», senza cambiare la direzione generale.


