PHOTO
MATTEO SALVINI VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E MINISTRO DEI TRASPORTI POLITICO LEGA
Il Consiglio dei ministri di ieri ha messo il sigillo politico su una riforma dell’edilizia che porta chiaramente la firma della Lega e prosegue sul solco del “salvacasa” varato un anno fa.
Un intervento che va oltre la manutenzione tecnica del settore e diventa un messaggio politico in piena regola: mentre la maggioranza si prepara ad affrontare il delicatissimo dossier sulla proroga degli aiuti all’Ucraina, poi sfilato all’ultimo momento dall’ordine del giorno per evitare incidenti, il Carroccio incassa una nuova bandiera identitaria, costruita su uno di quei terreni su cui Matteo Salvini da mesi cerca di recuperare consenso, cioè la promessa di semplificare la vita ai proprietari e disinnescare il potere dei tecnici comunali sulle difformità edilizie.
Il nuovo disegno di legge delega punta alla «semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti per il rilascio dei titoli edilizi in sanatoria», imponendo «termini temporali perentori» per presentare le istanze e prevedendo «procedure semplificate» dedicate agli abusi realizzati prima del 1967, cioè prima dell’obbligo della licenza edilizia. Un passaggio chiave, perché tocca una categoria enorme di immobili e parla a una platea elettorale vasta, quella che Salvini considera ancora recuperabile.
Il Mit, guidato dallo stesso leader leghista, prova a marcare il confine con la parola che nessuno vuole pronunciare: “condono”. In una nota ufficiale si precisa che il testo «mira a migliorare un impianto normativo di 24 anni», ormai stratificato, e soprattutto che non c’è «nessun intervento sugli abusi del passato, come erroneamente riportato da alcuni organi di informazione».
La linea è chiara: spingere sulla semplificazione, senza offrire l’immagine di una sanatoria generalizzata. Ma nei fatti la regolarizzazione degli interventi ante ’ 67, con il vincolo per i proprietari di realizzare “interventi essenziali di messa in sicurezza dell’immobile o di adeguamento alle inderogabili norme tecniche”, è destinata a riaccendere il dibattito politico.
Il Ddl delega prevede anche una “comune classificazione delle tipologie di difformità” e degli “standard univoci” per rilevare le situazioni di patologia edilizia, così da superare la giungla normativa di regioni e comuni.
Il pacchetto si completa con la spinta alla riduzione dei tempi e l’esplicito riferimento agli orientamenti della giurisprudenza sul silenzio-assenso, con l’obiettivo dichiarato di rendere inefficace l’inerzia amministrativa. Una riforma che, nei piani del governo, dovrebbe diventare la cornice dentro cui far correre cantieri, permessi, cambi di destinazione d’uso e investimenti privati.
Il punto politico, però, non è solo questo. La contemporanea assenza del decreto per la proroga degli aiuti militari a Kiev dal tavolo del Cdm è il vero segnale politico. Il provvedimento, atteso e già pronto, è stato stralciato per evitare un voto difforme dei ministri leghisti, che da settimane fanno trapelare malumori e distinguo sulla linea italiana nella guerra in Ucraina. Un incidente in Consiglio dei ministri su un tema di politica estera sarebbe stato difficilmente gestibile e avrebbe creato una crepa visibile nella coalizione proprio mentre la premier rivendica compattezza e affidabilità internazionale.
Meglio rinviare, raffreddare gli animi e nel frattempo mettere sul tavolo concessioni gradite al Carroccio. Il ragionamento che si fa nei corridoi del governo è semplice: se oggi Salvini ottiene una nuova riforma edilizia e un riconoscimento politico su un tema caro alla base leghista, domani potrebbe essere più incline ad accettare una formula condivisa sugli aiuti a Kiev.
Una mediazione che tenga conto delle sue perplessità, ma anche degli obblighi assunti con gli alleati occidentali. Non è escluso che Palazzo Chigi, per chiudere il cerchio, inserisca in manovra qualche ulteriore apertura, come l’allargamento della platea della rottamazione, altra misura che la Lega vuole intestarsi. La partita sulla politica estera resta la più sensibile, ma oggi Salvini porta a casa una vittoria concreta e simbolica. E la premier, pur di evitare lo strappo sul fronte ucraino, sembra disposta a concedere spazi che, fino a poche settimane fa, non erano neppure in discussione.


