Non si può dire che Giorgia Meloni abbia fatto niente per nascondere l'intenzione di puntare sul confronto con Elly Schelin per dare una vigorosa spinta verso la resurrezione del bipolarismo. C'è riuscita, ha rivendicato e gioito pubblicamente per il risultato. A Elly può non far piacere l'essere così palesemente usata ma quella spinta fa comodo anche a lei: gli interessi delle due signore, leader dei sue soli partiti italiani a due cifre e anzi degli unici sopra il 20 per cento hanno interessi convergenti, che piaccia loro o meno. Ma la spinta, anzi lo spintone delle Europee non basta. Restano due problemi, depotenziati, con poche armi ma ancora in piedi nonostante tutto: uno si chiama Matteo Salvini, l'altro Giuseppe Conte.

Però non è affatto detto che la loro permanenza ai vertici dei rispettivi partiti, senza che né l'uno né l'altro abbiano abbandonato il sogno di condizionare il nascente nuovo bipolarismo, sia la soluzione peggiore né per Giorgia a destra né per Elly a sinistra.

Salvini è stato letteralmente salvato dal generale Vannacci. Non cessa di ringraziarlo e ne ha ben donde. La presenza in lista del generale acchiappavoti, per quanto sgradita a moltissimi leghisti della prima, seconda e terza ora, ha evitato il crollo percentuale nei risultati. Salvini, anzi, grazie a un provvidenziale 0,1 per cento in più delle Politiche 2022 può dire, nonostante abbia perso circa 200mila voti, di aver raggiunto l'obiettivo che si era pubblicamente prefissato: un risultato migliore del 2022 pur se solo di un soffio. Quel risultato raggiunto grazie al miracolo Vannacci lo salva: il complottone nordico per far fuori il leader partiva infatti dalla previsione, data per certa ovunque fino a un paio di settimane fa, del crollo elettorale. In vista di quel capitombolo, e per renderlo più certo, l'ex pupillo di Bossi Reguzzoni aveva creato la corrente nordista di Fi e Grimoldi aveva dato vita, col beneplacito di Bossi, ai Comitati per il Nord.

Mancato il risultato disastroso che avrebbe dovuto dare il via alla rivolta tutto è diventato infinitamente più difficile per i frondisti. Fedriga e Zaia, i governatori il cui appoggio è essenziale per tentare il golpe interno, non si muoveranno, essendo il successo incerto. Ancora sul trono, sia pur traballante, il leghista prepara una notte dei lunghi coltelli a colpi di espulsioni, carezzando addirittura l'ipotesi di cacciare il padre fondatore, Bossi Umberto. Va detto che permettere di rendere noto il voto per un altro partito, in elezioni cruciali come erano quelle della settimana scorsa per la Lega, sarebbe un caso da espulsione quasi ovunque. Ma Bossi è Bossi e dunque Salvini probabilmente non arriverà a tanto. Ma per il resto farà il possibile per seminare il terrore soprattutto in Lombardia, la vera base della rivolta sognata, molto più del Veneto. Il bello è che l'apporto prezioso di Vannacci potrebbe rivelarsi una meteora. Il generale pensa seriamente a un suo partito, magari con la X della X Mas come simbolo. Ha usato la canidatura per creare in tutte le circoscrizioni comitati elettorali che dovrebbero essere la culla della sua nuova formazione. Salvini cerca di trattenerlo: anche per questo lo copre ogni giorno di complimenti e conferma a voce alta l'intenzione di proseguire sulla strada della Lega “nazionale”, opposta a quella nordica di Bossi e dei ribelli come Grimoldi. Conte ha fatto la scena di chi dopo la batosta meditava l'addio. Non ci ha mai pensato sul serio e la melanconica disposizione d'animo ostentata serviva solo a farsi blindare dai dirigenti del Movimento, ove mai avessero preso in considerazione di dargli il benservito e in realtà lo facevano in pochissimi. Conte è una garanzia: quella che il Movimento non tornerà ai bei tempi del “noi contro tutti” e dell'antipolitica. Perché i dirigenti del M5S oggi sono appunto politici.

Dunque Salvini continuerà a punzecchiare la premier e Conte a cercare di contendere la centralità a Schlein. Ma entrambi saranno costretti a farlo con faretre quasi vuote. Per la premier sarebbe peggio doversela vedere con una Lega rigorosamente nordista: meno rumorosa e caciarona ma anche meno flessibile. Per la segretaria sarebbe molto più difficile dover fare i conti con un M5S alla Di Battista, indisponibile a mediazioni e alleanze. Per entrambe i rompiscatole noti ma ulteriormente ridimensionati sono l'opzione migliore.