«Qui non è in gioco soltanto la mia vicenda personale, è l’indipendenza stessa del Parlamento europeo a essere sotto attacco di fronte a un regime che minaccia e usa il potere giudiziario come un’arma politica». Il giorno dopo il voto in Commissione Juri, Ilaria Salis parla in conferenza stampa a Bruxelles, affiancata da Martin Schirdewan, co- presidente di The Left, e Cuno Tarfusser, magistrato ex membro della corte penale internazionale.

Salvata l’immunità per un voto, grazie alla divisione del Ppe, la sfida ora si sposta al Parlamento, dove il 7 ottobre ci sarà il voto in plenaria. Salis si dice fiduciosa. Ma pubblicamente, complice anche un giornalista ungherese che mostra la foto del neonazista che, secondo le accuse, avrebbe picchiato, l’eurodeputata di Avs ribadisce la sua verità: «Sono stufa di ricevere accuse e diffamazioni - ha replicato -. Neanche la magistratura ungherese mi ha mai accusato di aver picchiato quella persona. Io ho già detto e ribadisco la mia innocenza e questo è il motivo per cui io chiedo di essere processata in un Paese dove siano rispettate le norme dello Stato di diritto, dove abbia la possibilità di avere un processo equo e mettere fine a questo processo farsa che si sta tenendo in Ungheria».

La possibilità, ha spiegato Tarfusser, c’è tutta: «Gli articoli 8 e 9 del codice penale Italiano ammettono la possibilità per i cittadini italiani che ci sia un processo in Italia, su richiesta del ministro della Giustizia, in caso ci siano dei presunti reati commessi all’estero - ha sottolineato -. Credo che sarebbe proprio il caso per intervenire in una situazione in cui una cittadina italiana si trova evidentemente sottoposta a un processo assolutamente ingiusto».

Nonostante le parole al vetriolo pronunciate martedì contro Salis, è stato il leader di Azione Carlo Calenda, ieri, a chiedere conto al ministro della Giustizia Carlo Nordio di questa possibilità con un’interrogazione: «Ci sono rilevanti e ripetuti elementi che dimostrano come l’Ungheria – il cui presidente si dichiara orgogliosamente alfiere della cosiddetta “democrazia illiberale” – non sia rispettosa degli standard minimi del diritto europeo (a partire dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue) e del principio della separazione dei poteri e quindi è tutt’altro che infondato il sospetto dell’utilizzo di indagini e processi penali a fini politici, non solo nei confronti dell’onorevole Ilaria Salis - ha evidenziato -. Si chiede di sapere se, come previsto dall’articolo 9 del codice penale, sia possibile un processo in Italia» e «se il ministro della Giustizia si voglia rendere disponibile per rendere possibile il trasferimento in Italia del processo, affinché possa essere giudicata con la migliore garanzia dei suoi diritti di imputata».

In attesa della risposta di Nordio, Salis ha ringraziato i colleghi che, in Commissione Juri, «hanno avuto il coraggio di guardare in faccia la realtà», nonostante «la coltre di disinformazione e di propaganda innalzata dal regime di Orban e dai populisti di estrema destra». In Ungheria, ha sottolineato, «lo Stato di diritto è gravemente compromesso e la magistratura non è più indipendente, come anche lo stesso Parlamento europeo ha più volte rilevato». Cosa che, dunque, la sottoporrebbe, qualora venisse privata dell’immunità, «a una persecuzione certa e spietata», forse più feroce di quella a cui è stata sottoposta in 15 mesi di detenzione preventiva, «trascorsi in condizioni disumane, sulla base di accuse pretestuose e mai verificate».

Un accanimento motivato da «ragioni ideologiche», ha evidenziato, portato avanti da Viktor Orban con continue diffamazioni, «chiamandomi terrorista e minacciando di sbattermi in galera» ancor prima del processo, tradendo l’elementare principio «della presunzione d’innocenza che è alla base di ogni Stato di diritto che sia degno di questo nome».

Dopo l’elezione al Parlamento europeo, «l’odio del regime nei miei confronti si è ulteriormente intensificato», come dimostrano «insulti e diffamazioni dal gruppo dei patrioti e soprattutto dai deputati ungheresi di Fidesz» ogni volta che prende la parola. Lo scopo dei populisti, ha aggiunto, è «distruggere l’Europa democratica». Salis ha ribadito di essere disposta a farsi processare, ma in Italia, perché un processo con garanzie democratiche in Ungheria «è impossibile» : la giustizia, lì, è «politica, ideologica, vendetta e propaganda». Insomma, non si tratta di una battaglia personale, ma di una battaglia a difesa «dei diritti fondamentali, delle libertà democratiche e dell’indipendenza delle nostre istituzioni», per l’Europa «libera e democratica».

Schirdewan ha evidenziato che in Ungheria «non ci sono giudici indipendenti», come certificato anche dall’ultima relazione della Commissione europea. «Il Parlamento non può dire un giorno che non c’è magistratura indipendente in Ungheria e il giorno dopo fare come se nulla fosse - ha aggiunto -. Quindi io mi rivolgo a tutti i colleghi del Parlamento europeo affinché tutte le richieste di sospensione dell’immunità dei parlamentari da parte dell’Ungheria siano respinte fintanto che lo Stato dei diritti non sarà garantito».

E sul tentativo del governo ungherese di seguire l'esempio di Donald Trump, per dichiarare Antifa un’organizzazione terroristica, «L’obiettivo è attaccare la nostra democrazia. E ovviamente tutti noi dovremmo essere antifascisti». Anche Tarfusser ha sottolineato l’arretramento dell’Ungheria sul piano dei diritti: «Da stato membro che all’inizio condivideva i valori comuni relativi alla protezione dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale e l’indipendenza della magistratura», ha evidenziato, ha registrato «uno spostamento verso una democrazia illiberale in cui questi valori comuni sono stati e sono sempre più smantellati». E la posta in gioco «è la stessa credibilità delle istituzioni». Per Tarfusser, «il fumus persecutionis contro Salis è evidente».