Proviamo a mettere sui piatti di una immaginaria bilancia i due più importanti fatti italiani di queste ore al fine di cercare di capire quale, in termini politici e sociali, pesi di più sul nostro futuro. Su un piatto poggiano le indiscrezioni che punteggiano l’inchiesta Consip: le più recenti assolutamente clamorose, e non è detto siano le ultime. Naturalmente sarà la magistratura a fare luce e ad individuare la verità: quella giudiziaria, almeno. Intanto però siamo di fronte ad un tornado che alimenta sospetti tremendi: carabinieri che fuori da ogni controllo tramano per colpire il capo del governo per finalità che, di qualunque genere siano, non possono che essere considerate eversive. Sull’altro, la rinuncia - salvo colpi di scena a fine anno tanto annunciati quanto oggettivamente improbabili - al varo dello Ius soli. Provvedimento di grande rilievo ma il cui rinvio non necessariamente provocherebbe sconquassi se non fosse per la motivazione: non se sia una legge giusta o meno, se fa fare un salto di civiltà al Paese o al contrario lo blocca argomentazioni comunque legittime - bensì il calcolo elettorale. Cioè se vararla faccia perdere o no voti, e a chi.

Forse oberata da un simile carico, la bilancia collasserebbe. Presumibilmente rischia di farlo il sistema- Italia senza adeguati ( e immediati) interventi.

Le due vicende apparentemente collocate su piani completamente diversi, in realtà hanno un filo che le lega: entrambe aiutano a comprendere lo sfaldamento che sempre più sta contraddistinguendo la realtà italiana; sono ambedue espressioni del male oscuro che sta disarticolando il sistema. L’Italia è terremotata dallo sfarinamento della coesione sociale; affonda nella guerra da un lato tra gruppi e bande che cercano di conquistare il maggior potere di interdizione possibile e dall’altro dall’oceano di demagogia che nell’accusa indiscriminata nei riguardi dell’universo mondo, tutto confonde e soprattutto delegittima. Nessuna meraviglia che il linguaggio scelto per descrivere un tale stato di cose sia quello dell’odio: è il più incisivo. Che sia anche devastante è sciaguratamente considerato un effetto trascurabile.

Le ragioni che hanno portato ad un simile stato di cose sono varie e non tutte e sempre facilmente individuabili. Come pure la scelta degli antidoti da inoculare su un organismo così visibilmente debilitato perchè insidiato da troppi veleni. Una cosa però è scontato rilevare: che nessuna terapia sarà possibile in una situazione di impasse e/ o di ingovernabilità. Se un paziente è grave, serve trovare la medicina giusta; se invece i parenti si mettono a litigare tra di loro e nessuno chiama il medico, il risultato è scontato. Che si intervenga e come contro i i carabinieri infedeli se tali sono; se si proceda o no con lo Ius soli e con altre misure altrettanto socialmente e politicamente significative è in tanto reso possibile in quanto esiste e opera una maggioranza ed un governo; traballanti quanto si vuole e tuttavia attivi, in grado di agire. Ma che succederebbe se al contrario il sistema politico- istituzionale si trovasse nelle sabbie mobili dell’impraticabilità; senza un centro di gravità - precario quanto si vuole ma funzionante - capace di coagulare il potere di indirizzo nazionale? Senza voler fare i menagrami o, come si dice adesso, gufare, si tratta esattamente dello scenario in cui rischia di ritrovarsi l’Italia all’indomani delle elezioni politiche laddove si svolgessero con le regole attuali, cioè con due Camere elette con due sistemi diversificati, capaci perciò di produrre maggioranza diverse in ognuna di esse o anche, e più probabilmente, nessuna maggioranza. Vista dall’esterno ( ma basta affacciarsi dal Colle più alto di Roma per capirlo..), una situazione simile provocherebbe la ressa dei rappresentanti politici per varare un meccanismo di voto sistematico e unitario, capace di consentire ai cittadini di esprimersi compiutamente, di scegliersi i loro parlamentari ed anche eventualmente un premier, una maggioranza e un governo.

Sta accadendo il contrario, per una somma di irresponsabilità corpose e diffuse. E naturalmente anche di calcoli, a loro volta frutto di congetturate convenienze. Tutte, tranne una: quella degli italiani. Non c’è nessuna colpa nel fatto che ogni partito, forza politica o movimento si strutturi al fine di ottenere il massimo beneficio possibile dalla competizione elettorale. E’ semplicemente scandaloso che ciò possa avvenire ciascuno concentrandosi sul proprio limitato cabotaggio senza considerare il vincolo dell’interesse generale che sempre dovrebbe prevalere sui machiavellismi del “particulare”. Sarebbe bello, oltre che giusto, che l’alito dell’interesse generale si spandesse su ogni attore della vita pubblica. Se così non è ( e, guardandosi attorno, non è mai, anche fuori dei confini nazionali) allora è fondamentale che chi ha più buona volontà la usi per arrivare al traguardo. O tutti o niente quasi sempre significa niente. Ma il niente di oggi può diventare lo stallo di domani, con ulteriore perdita di credibilità ( ma ce n’è ancora?) della politica da parte dei cittadini. Non conviene a nessuno. Neanche a quelli che a bocce ancora ferme pensano di guadagnarci.