Sembra un deja-vu, e per certi versi lo è: si avvicina l'estate e all'orizzonte riappare, proprio come 12 mesi fa, la polemica infinita tra Forza Italia e Lega sulla cittadinanza. L'anno scorso, nei mesi più caldi, nei quali la penuria di notizie politiche rilevanti costringe i cronisti ad arrovellarsi su questioni spesso scarne di contenuti concreti, il botta e risposta serratissimo tra Matteo Salvini e Antonio Tajani sulla proposta azzurra di rivedere in senso più flessibile alcune norme per l'accesso alla cittadinanza italiana (sintetizzate prima con la formula ius scholae e quindi con ius Italiae) ha praticamente colonizzato i media social e quelli tradizionali.

Il canovaccio sembra ripetersi dopo il rilancio di Tajani e la replica del segretario del Carroccio, con lo stesso tono di animosità, ma c'è un ingrediente che rende il revival più singolare e per certi versi sorprendente. La nuova polemica, infatti, arriva all'indomani di una tornata referendaria che proprio sul quesito riguardante la concessione della cittadinanza ha avuto l'esito più imprevisto, presentando una percentuale di contrari decisamente alta, se la si considera nel perimetro di un elettorato progressista.

Di fronte a ciò, la logica stringente del consenso politico avrebbe fatto pensare a un accantonamento definitivo del progetto da parte degli azzurri, che invece hanno rilanciato con forza l'idea di dare la cittadinanza ai giovani stranieri che abbiano completato un doppio ciclo di studi, per un totale di dieci anni. A prescindere dalla reale praticabilità della cosa, che appare molto remota data la netta contrarietà degli altri partiti del centrodestra e la necessità di verificare a livello parlamentare la determinazione di Tajani e dei suoi di fornire al centrosinistra un assist per sabotare la coesione della maggioranza, appare evidente che la mossa degli azzurri fa parte di un'operazione di posizionamento politico, che nella fase attuale risulta coraggiosa, andando a toccare un tema che sembra tabù.

La considerazione fatta dal gruppo dirigente forzista, in sostanza, ricalca quelle alla base di altre uscite apparentemente spiazzanti alle quali ha dato il “là” la famiglia Berlusconi su diritti civili e temi etici: inutile rincorrere meloniani e leghisti sugli argomenti più cari alla destra, perché difficilmente un elettore potrebbe ritenere plausibile sentir parlare un profilo naturalmente moderato come Tajani, alla stregua di un leader populista. Tanto vale, allora, differenziarsi in modo marcato, anche clamoroso, andando a stuzzicare la suscettibilità degli alleati, ma soprattutto approfittando della situazione di estrema sofferenza in cui l'avventura referendaria ha posto il fronte centrista dell'opposizione. E' infatti a quanti avevano messo in guardia la sinistra dal rischio di un regolamento interno di conti sul jobs act e di una saldatura con la Cgil - e che non a caso hanno espresso favore solo sul quesito sulla cittadinanza - che Forza Italia conta di parlare, evidenziandone l'incompatibilità col popolo rosso- verde- giallo.

Ma non c'è solo questo: nella partita serrata che nel centrodestra si sta giocando su dossier come il terzo mandato, le candidature alle Regionali, le riforme costituzionali e quelle fiscali, anche gli azzurri probabilmente considerano opportuno appoggiare sul tavolo delle trattative un tema ingombrante, indigesto, che può essere rapidamente rimosso e messo tra parentesi – come fatto alla fine della scorsa estate - in caso di necessità o in cambio di concessioni su altri fronti. Lo si è visto con Salvini, uscito dal congresso del suo partito con una richiesta di ritorno al Viminale che sembrava quanto mai pressante e che è evaporata nel giro di un mese, e ora sembra aver lasciato il passo a un altro mantra leghista, vale a dire la pace fiscale. In questo gioco di posizionamento, il botta e risposta di ieri è funzionale alle strategie di entrambi le forze politiche: «Credo che non conoscano bene la proposta di legge di Forza Italia», osserva il ministro degli Esteri rivolgendosi al Carroccio, dopo aver già tuonato sul fatto di non dover chiedere il permesso a nessuno per presentarla, per poi aggiungere che «bisogna leggere il programma del centrodestra del 2022, perché al punto 6 si prevede esattamente questo».

Da par suo, Salvini afferma di continuare a «non capire l'insistenza» degli azzurri. «Il voto al referendum» , ha aggiunto, «lo ha dimostrato: né il centrodestra e meno ancora la Lega, ritengono che sia una priorità cambiare le regole sulla cittadinanza. E' legittimo che ognuno esprima i propri pareri, ma non siamo stati eletti per accelerare la concessione della cittadinanza e non lo faremo, appunto».