«Il viceministro all’Economia Maurizio Leo ha concordato con la Presidenza del Consiglio di relazionare al prossimo Consiglio dei ministri in merito al contenuto del decreto ministeriale 7 maggio 2024 che introduce limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico». Serve un chiarimento in Cdm per non mandare in subbuglio la maggioranza a pochi giorni dalle Europee e serve in fretta.

Col diretto interessato, il meloniano Maurizio Leo, a spiegare agli alleati perché si sono ritrovati in Gazzetta ufficiale un decreto a sua firma che di fatto scongela il tanto vituperato “redditometro”. Forza Italia e Lega sono già sulle barricate contro la reintroduzione di uno strumento di controllo fiscale, sospeso nel 2018, per verificare che lo stile di vita dei contribuenti corrisponda effettivamente alle entrate. I partiti di Tajani e Salvini, da sempre contrari al «grande fratello» (copyright via Bellerio) statale, non credono sia una buona idea guardare nelle tasche degli italiani alla vigilia del voto.

«Forza Italia ritiene da sempre superata la logica del redditometro e propone, come abbiamo fatto nella delega fiscale, il modello, già in essere, del “concordato preventivo biennale” in cui si passa da un approccio di tipo “inquisitorio” sul contribuente ad un approccio collaborativo», dice il portavoce nazionale di Fi, Raffaele Nevi. «Abbiamo già approvato il decreto legislativo che attua la delega fiscale e che disciplina questa nuova modalità di riscossione fiscale. Per questo motivo riteniamo superato ogni vecchio modello, anche quelli attuativi previsti dal decreto dignità del governo Conte, che Forza Italia ha sempre osteggiato. E che si ispira a strumenti obsoleti in materia fiscale», mette in chiaro l’esponente azzurro.

Stessa musica da parte del Carroccio, per una volta sulle stesse posizioni di Tajani, che fa circolare subito un messaggio poco equivocabile: «La Lega è sempre stata contraria al redditometro. L’inquisizione è passata da tempo e non tornerà di certo con la Lega al governo. Controllare la spesa degli italiani, in modalità Grande fratello, non è sicuramente il metodo migliore per combattere l’evasione», fanno sapere fonti del partito, auspicando che «la proposta del viceministro Leo non sia orientata in questa direzione. Da sempre invece la Lega punta su un fisco più equo e su una progressiva riduzione della pressione tributaria».

Insomma, il clima non sembra quello dei più sereni tra i partiti di maggioranza. E per riportare un po’ di calma non resta che affidare al diretto interessato, al viceministro Leo, le parole di contrarietà al provvedimento. «Il centrodestra è sempre stato contrario al meccanismo del “redditometro” introdotto nel 2015 dal governo Renzi», premette l’esponente di FdI.

«Il decreto ministeriale pubblicato in questi giorni in Gazzetta mette finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato. Potere previsto dall’ordinamento tributario fin dal 1973».

Il governo, secondo Leo, sarebbe intervenuto con «un decreto, preventivamente condiviso con le associazioni dei consumatori, l'Istat e il garante della privacy, che fissa dei paletti precisi a garanzia del contribuente e introduce, tra le altre cose, anche un doppio contraddittorio obbligatorio, dunque, non c'è alcun ritorno al vecchio redditometro ma solo più garanzie per i contribuenti».

Le opposizioni ovviamente ne approfittano per giocare con le contraddizioni di una maggioranza in difficoltà. E Matteo Renzi ne approfitta per dare un colpo sia al cerchio che alla botte: uno al governo e uno alla sinistra.

«Giorgia Meloni è la premier delle tasse» scrive sui social il leader di Iv. «Con la destra sono tornate nel redditometro le medie Istat che il governo Renzi aveva cancellato nel 2015. Si fingono liberali ma sono solo statalisti. E stanno seguendo le linee guida di Vincenzo Visco e della sinistra anti- contribuente. Con la Meloni torna il vecchio redditometro che noi avevamo cancellato. Se non fosse una cosa seria ci sarebbe da ridere».