Il premierato torna in calendario, ma non nei radar delle reali priorità della maggioranza, anche se da Palazzo Chigi si tende ad affermare il contrario a cadenza periodica.

Nella conferenza dei capigruppo della Camera, la maggioranza ha inserito nel programma dei lavori di luglio tanto la riforma della giustizia quanto il ddl sul premierato. Ma se la separazione delle carriere viaggia verso un’approvazione in seconda lettura prima della pausa estiva, il disegno di legge costituzionale caro a Giorgia Meloni si limita, per ora, a una comparsata simbolica.

Il ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, lo lascia intendere tra le righe: l’inserimento nel calendario «non significa che il premierato sarà approvato prima delle vacanze, a meno di miracoli – e in quel caso, ben vengano…». Tradotto: il ddl è politicamente ancora in alto mare. E tecnicamente fermo.

La differenza di traiettoria tra i due provvedimenti è netta. Sulla separazione delle carriere, la maggioranza è monolitica. Il testo ha già ottenuto il primo via libera dalla Camera, è in dirittura d’arrivo al Senato, dove il suo esame d'aula è stato ufficialmente fissato per l' 11 giugno, al netto di qualche aggiustamento che non ne comprometterà il buon esito. C’è un percorso definito, una compattezza interna e una chiara volontà di arrivare al voto.

Sulla riforma del premierato, invece, lo scenario è più confuso. Nonostante l’ok al Senato in prima lettura risalga a un anno fa, da mesi il testo langue in commissione Affari costituzionali a Montecitorio. Ma più ancora dei tempi tecnici, a rendere fragile la prospettiva di un’accelerazione sono i nodi politici.

Primo tra tutti, la partita sull’autonomia differenziata. La Lega ha chiarito, per l’ennesima volta, che non intende fare da spettatrice ad un eventuale blitz meloniano sul premierato. Salvini non vuole che il dossier su cui il suo partito (in particolare i governatori leghisti) ha puntato da anni venga lasciato indietro, soprattutto ora che il testo sull’autonomia, già duramente ridimensionato dalla Corte costituzionale, deve essere rivisto alla luce dei Lep – i livelli essenziali di prestazione da definire a livello regionale – e di una nuova impostazione. Non è un caso che tra le righe del confronto tra i leader del centrodestra sia emerso un principio implicito: nessuna riforma simbolica del partito della premier senza un corrispettivo vantaggio per gli alleati.

Non basta: a rendere ancora più incerto il cammino del premierato c’è la grande rimozione: la legge elettorale. Anche su questo fronte Ciriani getta acqua sul fuoco, sostenendo che «non c’è nulla di definito» e che «prima va fatto il premierato». Ma aggiunge anche che «la legge elettorale è un elemento necessario della riforma», confermando che le due partite sono legate a doppio filo. Senza un accordo sul nuovo sistema di voto – preferenze sì, preferenze no, premio di maggioranza o sbarramento – è difficile immaginare che l’iter del premierato possa procedere speditamente. E al momento, ammette il ministro, ci sono solo «chiacchiere e discussioni». Il ministro, d'altra parte, ha precisato che la calendarizzazione del premierato è stata «un’attività ordinatoria», senza impegni vincolanti: serve solo a far riprendere i lavori in commissione. «Può concludere le audizioni, può fissare un termine per gli emendamenti, può verificare se ci sono le condizioni per l’aula entro fine luglio». Ma resta il punto: è tutto un “può”, non un “deve”.

Al netto dei proclami di Alberto Balboni, presidente della I Commissione del Senato e volto delle riforme per Fdi («entro la legislatura approveremo premierato e giustizia, poi parlerà il referendum») il governo sembra dunque voler giocare una partita a più riprese, spostando in avanti la resa dei conti.

Il premierato resta un vessillo identitario per Giorgia Meloni, ma anche una riforma che richiede cautela e tempo. Lo sa Palazzo Chigi, che continua a giocare a nascondino sul tema, evitando di scoprire le carte su legge elettorale e tempi reali. Per ora, il premierato, anche se le opposizioni alzano la voce, entra in calendario, ma resta fuori dal perimetro delle cose realmente fattibili prima dell’estate. La giustizia corre, il premierato si mette semplicemente in vetrina.