Mima un ciao con la mano e sorride polemico, «Arrivederci», dice il presidente Roberto Fico al gruppo del Partito Democratico che sta lasciando l’aula. Per tutta risposta, sullo scranno più alto di Montecitorio vola un fascicolo, che prende in pieno una segretaria generale. Un tiro degno da lanciatore del disco partito da mano ignota, invisibile dalle riprese d’aula.

Fico si inalbera e sospende la seduta per 5 minuti, salvo poi fare mea culpa appena riprende la discussione: «C'è stata un po’ di tensione, il Pd stava uscendo e veniva sotto i banchi qui salutando. Chiedo scusa al Pd per aver risposto ' arrivederci'. Mi sono lasciato andare. È stata una mia colpa, un mio errore. Questa presidenza quando sbaglia si scusa».

A incendiare d’aula, un figurato tintinnar di manette. Nella fattispecie, il parlamentare grillino Giuseppe D’Ambrosio che mostra i polsi incrociati a mimare i ceppi, in direzione del dem Gennaro Migliore. Il gruppo del Pd, a quel punto, chiede l’espulsione del pentastellato, ma il presidente Fico si limita a un richiamo formale e saluta i parlamentari di minoranza che abbandonano l’emiciclo.

Come si sia arrivati al mimare manette in direzione del Pd, però, è il risultato di un dibattito d’aula zigzagante. Tema del giorno è la proposta di modifica costituzionale dell’articolo 71, con l’introduzione del referendum propositivo. La minoranza si scalda sul fatto che, nella proposta di legge costituzionale, tra le materie oggetto di referendum propositivo siano comprese anche le norme penali, pur con un vaglio di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale.

Il tema, sollevato da Pierantonio Zanettin di Forza Italia, accende un dibattito che, però, non verte espressamente sull’emendamento in discussione. «Noi non possiamo affidare i diritti, i diritti individuali e i diritti civili, alla “pancia” del Paese. Capite bene che populismo e demagogia non si sposano con il garantismo, con l'equilibrio dei poteri nei confronti dei soggetti che vengono indagati nei processi penali e ai processi penali. Non possiamo affidare la qualificazione dei reati, le pene edittali, il minimo e il massimo a questo tipo di referendum propositivo e all'iniziativa popolare», dice Zanettin, seguito a ruota sulla stessa tesi dai colleghi dem Andrea Orlando, Stefano Ceccanti e Gennaro Migliore, che iniziano un fuoco di fila nei confronti della relatrice di maggioranza.

«La materia penale deve essere sottratta a quella che è l'iniziativa violenta, talvolta, di alcune élite che si propongono come la voce del popolo, perché qui stiamo parlando di una manipolazione bella e buona, cioè quella che avviene costantemente quando la procedura penale si trasferisce nei processi di piazza, quando il diritto viene trasformato in processi sugli editoriali di alcuni giornali, quando l'idea che il giustizialismo possa prevaricare quello che è lo Stato di diritto e le garanzie dei singoli diventa la prassi comune della lotta politica», tuona Migliore. «Colpisce sempre sentire riferimenti così espliciti e forti al tema del popolo, come se ci fosse chi, per grazia ricevuta, stesse dalla parte popolare e altri no. Mi rimanda alla storia, alla storia dell'umanità, proprio chi ha più usato il popolo come argomento politico poi lo ha affamato.

Penso ai grandi totalitarismi, penso al peggiore di tutti, al comunismo, che parlava di popolo, salvo poi affamarlo. E poi, cari 5 Stelle, proprio voi parlate di popolo? Ma da chi siete selezionati voi? Da quale popolo? Da un popolo di troll, da un popolo di nerd su un sistema operativo fasullo», rincara la dose il forzista Cattaneo.

Di qui il discorso degenera, coi 5 Stelle che replicano duramente: «Io trovo surreale che i rappresentanti del popolo che siedono qui dentro continuino a trattare il popolo come una massa di decerebrati, che non hanno alcun discernimento nel capire e nel decidere di se stessi, senza riuscire ad avere alcun ragionamento etico e civile», ribatte il grillino Ricciardi.

Dalla presenza o meno della materia penale tra le ipotesi di referendum propositivo, dunque, si passa al metodo di selezione della classe dirigente. E’ l’intervento del grillino D’Ambosio, tuttavia, che scatena la bagarre: «Mi sembra un dibattito divertente, quasi surreale, a tratti, perché in quest'Aula si parla di preferenze, il PD e Forza Italia parlano di preferenze, e sono proprio i partiti che hanno cancellato da questo Parlamento le preferenze per fare i listini bloccati, nei quali mettere i peggiori parlamentari della vergogna della Repubblica Italiana», e continua: «Voglio ricordare a quest'Aula il nome di Francantonio Genovese, condannato in primo grado a 11 anni, deputato del PD , cacciato dal PD, passato in Forza Italia, che logicamente lo ha accolto a braccia aperte, e che poi candida il figlio, campione di preferenze, indagato dopo due giorni».

Poi si volta verso i banchi del Pd e incrocia i polsi, rivolto in direzione di Gennaro Migliore.