Gli italiani saranno pure «rincoglioniti», come dice Alessandro Di Battista, ma l’estensore ( o gli estensori) del programma del Movimento 5 Stelle non brilla certo per acume. Interi paragrafi del “documento elettorale” discusso e votato dagli iscritti sulla piattaforma Rousseau risultano infatti copiati da altri contenuti facilmente reperibili in Rete. Proprio nei giorni in cui il ministro Madia è “sotto processo” per la tesi compiata. Le fonti non citate dal M5S sono: Wikipedia, articoli di giornale, dossier della Camera, studi di associazioni e, addirittura, un’interrogazione parlamentare del Pd. Ad accorgersi del plagio è il quotidiano online il Post, che pubblica gli screenshot del programma consultabile sul Blog delle stelle affiancati dai documenti originali che hanno “ispirato” i grillini.

La notizia attira l’ironia dei vertici dem che, a partire dal segretario Matteo Renzi, canzonano la scarsa inventiva pentastellata. Matteo Orfini ne approfitta per invitare gli elettori a scegliere l’originale e non la copia alle prossime elezioni. «Un’analisi del programma elettorale del Movimento 5 Stelle mostra che molte sue parti - in alcuni casi intere pagine - sono state copiate da altri documenti di tutt’altra natura, senza alcuna indicazione della loro provenienza», scrive su Facebook il presidente del Pd che, soddisfatto, segnala come in alcuni casi si tratti di contenuti «scritti da esponenti di partiti avversari del Movimento 5 Stelle: per esempio nella parte del programma sullo “Sviluppo economico” c’è un lungo paragrafo copiato da un’interrogazione parlamentare di un senatore del Partito democratico». Undici capitoli tematici su venti risultano contenere plagi, secondo l’analisi del Post. Nel programma “Sviluppo economico” «almeno dieci paragrafi sono stati copiati senza che venisse specificata la provenienza del testo originale: ci sono brani di un’interrogazione parlamentare fatta nel 2012 dal senatore PD Giorgio Roilo, di uno studio IEFE Bocconi e di un articolo del 2010 scritto dall’economista Jean- Paul Fitoussi, le cui parole sono riprodotte come se fossero idee del M5S. C’è anche un’intera intervista di Carlo Sibilia all’attivista svedese Helena Norberg- Hodge, senza che però i nomi di Sibilia e Norberg- Hodge vengano segnalati da nessuna parte», si legge sul quotidiano che poi segnala la parte più “ispirata” di tutto il programma pentastellato: l’Ambiente. Due pagine intere risultano «copiate da un dossier di Legambiente», altre parti invece da un articolo di Repubblica, senza citare la fonte, ed «eliminando i virgolettati, facendo così apparire le parole degli esperti intervistati dal giornale come idee e proposte del Movimento 5 Stelle». Quelli di “Ambiente” e “Sviluppo economico”, però, non sono gli unici punti contenenti plagi. Le ricopiature sarebbero visibili anche nel programma “Immigrazione”, “Telecomunicazioni”, “Giustizia”, “Sicurezza”, “Beni culturali”, “Trasporti” e “Turismo”.

I vertici del partito evitano di commentare la notizia nella speranza di non dare troppo nell’occhio, anche perché c’è un altro fronte aperto da cui è meglio difendersi: il caso Cristina Belotti, il capo della comunicazione del Movimento al Parlamento europeo che, secondo Repubblica, avrebbe ricevuto dall’Ue presunti rimborsi non dovuti, in quanto non collegati al suo lavoro a Strasburgo ma a missioni “elettorali” in Italia durante le campagne per il referendum del 4 dicembre e per le Regionali siciliane. Per corroborare la sua tesi, ieri il quotidiano romano ha pubblicato sul suo sito una serie di mail provenienti dall’amministrazione del gruppo Efdd, la famiglia politica europea del M5S, provando a dimostrare le irregolarità nelle missioni di Belotti. Nel carteggio spuntano anche altre mail in cui la responsabile comunicazione, dopo alcune richieste di chiarimento da parte del gruppo, avrebbe accettato di annullare la richiesta di alcuni rimborsi «per missioni che non avevano a che fare con il suo incarico Ue». Per i grillini, però, le email pubblicate da Repubblica

non dimostrerebbero alcunché, si tratterebbe di una normale verifica interna all’Efdd che avrebbe giudicato conforme l’elenco delle missioni di Belotti, «tant’è che per nessuna di quelle è stato chiesto il rimborso», precisa l’ufficio stampa pentastellato. «A tutti i funzionari, anche ai colleghi di Cristina Belotti viene normalmente chiesta verifica delle missioni. Non è il primo caso in cui l’amministrazione di un gruppo verifica le attività dei funzionari». La querelle non sembra destinata a finire qui. Ma i grillini, c’è da scommetterci, daranno battaglia. Perché copioni forse, ma onesti sicuramente.