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Antonio Tajani, leader di Forza Italia
La foto “iconica”, che lo ritrae adolescente in tenuta da scout, Matteo Renzi, tre giorni fa, l'ha di nuovo postata sui social, per fare agli auguri all'Agesci e al suo cinquantesimo compleanno. Stavolta, però, è possibile che dietro quell'omaggio vi sia stato un velo di frustrazione, nel constatare che la star indiscussa alla kermesse veronese dei “lupetti”, alla presenza del presidente della Cei Matteo Zuppi, è stato il segretario di Forza Italia Antonio Tajani. Colui il quale è stato incoronato dagli osservatori il vero dominatore dell'agenda politica di questa estate che si appresta a terminare, e a cui la platea veronese, guidata dal più bergogliano degli alti prelati, ha scelto senza possibilità di equivoco come suo referente all'interno della maggioranza di governo. E non è un caso che il vicepremier, da quel pulpito, abbia ripetuto un suo mantra delle ultime settimane, affermando che il suo partito vuole occupare lo spazio «che va da Meloni a Schlein».
Lo spazio, quindi, occupato finora dal fu Terzo Polo, un progetto con un bacino elettorale di tutto rispetto, naufragato però sotto la spinta delle incompatibilità caratteriali tra i l'ex- premier e Carlo Calenda. E nessuno può contestare che nell'ultima decade il punto di riferimento del cattolicesimo progressista e movimentista, a quella rete attorno a sigle come e l'Agesci e l'Azione cattolica, fosse proprio Matteo Renzi, cresciuto negli scout e approdato alla politica appena in tempo per entrare nel Partito popolare, nato dalla corrente di sinistra della Dc, prima che questo si dissolvesse prima nella Margherita, quindi nel Pd. Un mondo troppo vasto per stare all'opposizione, per non avere alcuna voce in capitolo nelle politiche sociali del governo e che dunque ha celebrato, con tanto di solenne funzione officiata dal Cardinal Zuppi in persona, il proprio matrimonio politico con gli azzurri.
Quanta parte vi sia in quest'operazione della capacità strategica di Tajani e quanta invece nel pressing della famiglia Berlusconi, al netto dei retroscena, non è dato saperlo, ma certo è che lo Ius scholae, legato a quello dell'accoglienza, è da sempre uno dei temi- bandiera della Cei e dell'ala “sinistra” della Chiesa cattolica, che negli ultimi anni, pur avendo ottenuto la maggioranza nel Conclave, nei palazzi del potere italiano ha visto prevalere le forze politiche legate ai settori più conservatori. Non bisogna dimenticare che la Lega è il partito che, una legislatura fa, ha portato in Parlamento l'ultrà cattolico Simone Pillon, e che ha fatto eleggere presidente della Camera Lorenzo Fontana, altro paladino del cattolicesimo intransigente. E come non ricordare il rosario mostrato da Matteo Salvini sia ai comizi che in aula e la raccomandazione all'” Immacolato cuore di Maria”, vista con una certa insofferenza per primi dai cattolici progressisti? E' verosimile che Renzi, che forse è il politico italiano più rapido nel cogliere le novità e ad agire di conseguenza, abbia compreso quello che sta accadendo e il fatto che sia un processo irreversibile, e per questo stia spostandosi di nuovo a sinistra, pressando Schlein per fargli un po' di posto nel Pd.
Nel frattempo, Tajani lavora a pieno regime per completare l'opera di saldatura coi cattolici liberali, e in quest'ottica sta tenendo il punto sullo Ius scholae, ben sapendo che non potrà però spingersi fino al punto di votare un qualsiasi provvedimento di questo genere assieme al centrosinistra. Il vero terreno di scontro col Carroccio, che veramente potrebbe avere conseguenze sulla tenuta della maggioranza è l'Autonomia: si può affermare senza tema di smentita che una parte di Fi, facente capo agli eletti meridionali e al governatore calabrese Roberto Occhiuto è contraria alla legge Calderoli recentemente approvata. Ma frenare sull'applicazione di quella legge, accanto a uno dei suoi più illustri critici, è andare un passo oltre.
Il Cardinale Zuppi, lo scorso giugno, ha affermato che il governo non ha “preso sul serio” le criticità sul ddl Calderoli espresse dai vescovi in un documento da loro pubblicato. Zuppi aveva espresso critiche anche sul premierato, ma in quest'ultimo caso si tratta di un provvedimento ancora lontano dall'approvazione, e l'insistenza di Tajani sulla necessità di approvare i Lep prima che le Regioni interessate chiedano l'attivazione dell'Autonomia lascia pensare che sarà quello il vero fronte di scontro con la Lega, al rientro dalle vacanze. Se a questo si aggiunge la proposta di un ex- leghista come Flavio Tosi, ora azzurro, come candidato governatore del Veneto del dopo Zaia, che alle orecchie del Carroccio suona come una provocazione, l'impressione che le vere turbolenze arriveranno da qui si rafforza in modo deciso.