«Operare perché non siano le armi e la legge del più forte a regolare i conflitti e i rapporti tra i popoli». Così il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi sull'Avvenire che sull'immigrazione spiega: "Occorre lavorare per un sistema giusto ed efficace di accoglienza, che tenga conto anche delle esigenze del mercato del lavoro".

Secondo Zuppi, «occorre smettere di alimentare un immaginario polarizzato, ad esempio per quello che riguarda l'immigrazione: "tutti dentro" o "tutti fuori". Sono entrambe posizioni fallaci - spiega Zuppi - Occorre invece lavorare per un sistema giusto ed efficace di accoglienza, che tenga conto anche delle esigenze del mercato del lavoro. Sempre però salvando la vita di chi rischia di morire nel Mediterraneo: è la legge del mare, è la legge dell'umanità, per le quali non ci sono deroghe. Circola troppa cultura di morte e invece noi cristiani dobbiamo promuovere la vita in tutte le sue fasi e condizioni: dall'inizio alla fine. Quanto alla chiesa, ciò che serve è un grande servizio alla comunione. Guai a chi si sottrae a questo impegno. lavorare alla divisione è diabolico».

«Dobbiamo sempre credere che si possa ottenere una pace giusta e sicura attraverso l'utilizzo di strumenti non violenti. Può apparire velleitario, ingenuo, ma non è così», afferma il presidente della Cei aggiungendo: «speriamo che nessuno pensi di tornare a una logica appannaggio del più forte, abbandonando di fatto quella convinzione così acuta della generazione sopravvissuta alla Il Guerra mondiale che ha permesso la costruzione degli organismi internazionali (pur con i loro limiti), del multilateralismo e garantito la limitazione dei conflitti armati. E se gli strumenti finora utilizzati non sono stati sufficienti è nostro dovere cercare di più efficaci».

«Ma questo - chiarisce - non vuol dire mettere tutto sullo stesso piano o confondere le responsabilità degli uni e degli altri. Il dialogo non è sconfitta! Al contrario, avendo ben presenti le diverse responsabilità, operare perché non siano le armi e la legge del più forte a regolare i conflitti e i rapporti tra i popoli. Se provassimo a investire seriamente e con creatività sulla diplomazia quanto investiamo in armamenti certamente otterremmo i risultati».