Il balletto un po' grottesco intorno alla poltrona del ministro Schillaci ha il merito di raccontare più di quanto non appaia sulla natura e le contraddizioni della destra italiana e forse non solo italiana. La situazione appare congelata e tale resterà. Il ministro si è mosso con massima goffagine e già questo è un elemento eloquente: non è il primo e probabilmente non sarà l'ultimo nella squadra di Giorgia a mostrare una totale ignoranza delle regole basilari della politica. Ha nominato i due medici in odore no vax, la pietra dello scandalo. Ha tentato di addossare la colpa della scelta ai partiti. Ha deciso senza ascoltare nessuno di revocare l'intera commissione nonostante il sottosegretario di fiducia di Giorgia, Fazzolari, gli avesse fatto sapere che intendeva gestire lui la spinosa vicenda, con la dovuta discrezione. Così facendo è diventato l'eroe dell'opposizione ma è anche asceso ai vertici della classifica dei ministri più impopolari agli occhi della premier ed è finito nel mirino di Salvini, che ne chiede la testa.

Il vicepremier leghista non otterrà soddisfazione. La premier ha alcune convinzioni granitiche e tra queste campeggia la determinazione nell'arrivare a fine mandato con un governo sostanzialmente intatto, o toccato il meno possibile. Schillaci resterà al suo posto ma come "sorvegliato speciale”, con libertà di movimento quanto più possibile ridotta. Forse è stata goffagine. Forse, come sospettano in molti, il ministro ha scelto di privilegiare la credibilità professionale sulla opportunità politica. Forse davvero ha già in tasca la nomina a una postazione essenziale al Gemelli, la direzione di Medicina nucleare, e agisce di conseguenza. Comunque sia la capacità di creare dal nulla un incidente significativo è l'ennesima prova dell'assenza a destra di una nomenklatura politica degna del nome.

La vicenda però segnala anche un altro guasto, forse anche più serio. Da quando è ascesa a palazzo Chigi, la premier si è molto rapidamente spogliata dei panni populisti che ne avevano in parte sensibile decretato il successo elettorale.

Si è mossa esattamente al contrario di come aveva fatto Salvini nel suo effimero momento di trionfo: da comiziante si è trasformata in leader politica pragmatica e ragionevole, decisa a sostenere il proprio punto di vista ma senza mai perdere di vista il quadro realistico della situazione, dei rapporti di forza, dei confini da non varcare. Invece di giocare la carta perdente del capopopolo in guerra con l'establishment ha puntato e punta sul tentativo di spostare l'establishment sulle proprie posizioni. In questo modo nel giro di tre anni appena, Giorgia Meloni si è imposta agli occhi dell'establishment europeo e occidentale, ma anche a quelli dei salotti buoni italiani, come leader affidabile e convincente di una coalizione che, in sé, sarebbe invece tutto tranne che affidabile.

Solo che quella base che la ha portata alla vittoria è molto diversa, almeno in alcune sue componenti essenziali, dall'establishment europeo e italiano. E' composita, spesso contraddittoria, animata in alcuni suoi spezzoni non trascurabili da risentimenti e animosità di ogni genere. E in quel magma politico è ben presente anche quella parte di popolazione a volte esplicitamente no vax ma più spesso ancora inviperita per la ' dittatura sanitaria' che ritiene di aver dovuto subìre negli anni della pandemia.

Non è un problema solo italiano. Aree difficilmente governabili come i no vax, ma non solo loro, sono presenti e pesanti nella base di tutte le formazioni di destra che oggi hanno il vento in poppa in occidente. Per Donald Trump, persino per lui che di essere accettato dall'establishment si preoccupa nel poco, l'area MAGA e i pittoreschi Proud Boys sono una risorsa essenziale ma anche un problema permenente. Nel caso dei medici indicati e poi affossati da Schillaci i due limiti si sono rivelati entrambi, potenziandosi a vicenda. La necessità di coniugare l'immagine autorevole e affidabile del capo del governo si è scontrata con quella di non deludere troppo le componenti radicali della base elettorale, in questo caso i no vax.

L'imperizia politica, o il semplice disinteresse per le sottigliezze della politica, della squadra di governo invece di tenere il problema sotto controllo ne ha moltiplicato la valenza esplosiva. Non si tratta di una tempesta. Per la vicenda in sé Meloni non ha nulla di cui proeccuparsi sul serio. Ma dei problemi del suo governo e del suo rapporto con la base elettorale che il fattarello indica e rivela, invece, Giorgia farebbe bene a occuparsi.