Il cambio di passo è in perfetto stile Enrico Letta: senza strappi clamorosi, ma con decisione. In una intervista al Tirreno il nuovo segretario del Pd ha dichiarato: «Quando sono arrivato ho detto che c’è un problema enorme di presenza femminile nel nostro partito: tre ministri sono uomini, io sono un uomo. Penso che per forza di cose due capogruppo» del Pd alla Camera e al Senato «debbano essere due donne». E ha continuato: «Non possiamo fare una foto di gruppo del vertice del partito e presentare volti di soli maschi. In Europa sono cose che può fare Viktor Orbán in Ungheria o Mateusz Morawiecki in Polonia». Letta ci ha tenuto a chiarire che per Graziano Delrio e Andrea Marcucci, i due capigruppo uscenti «non è una bocciatura. Sono fra le figure di maggiore rilievo che abbiamo, hanno lavorato benissimo e potranno tornare utilissimi in altri ruoli. Siamo intorno alla metà della legislatura ed è giusto lasciare spazio a due donne».Quella delle capogruppo non sarà comunque una scelta calata dall’alto. «Ai gruppi suggerisco che votino e scelgano senza drammi - ha aggiunto il segretario del Pd - . Non le indico io le capogruppo, le scelgano. Tutti mi hanno votato, quindi non c’è maggioranza e minoranza. La mia esperienza lontano dal partito per 7 anni mi suggerisce che oggi esiste una sensibilità per la quale non è immaginabile il maschilismo», ha concluso. L'intervista di Enrico Letta, però, è esplosa come una bomba nelle chat dei parlamentari Pd. L’ipotesi di un cambio era nell’aria da giorni. Ora le indiscrezioni sono diventate una richiesta esplicita di Letta. E i gruppi - le assemblee sono previste martedì- saranno chiamati ad esprimersi su una richiesta che suona un po' come un atto di fiducia verso il nuovo segretario Pd. C'è fibrillazione tra i gruppi, soprattutto quello di Palazzo Madama e la presa di posizione del segretario viene vista come il tentativo di scardinare un sistema di equilibri tra correnti articolato tra presidenti e vice nei gruppi. Per Cecilia D’Elia, portavoce della Conferenza delle democratiche e componente della segreteria nazionale del Pd, ci sono «molte donne capaci e competenti. Spetta ora ai Gruppi decidere il nome in piena autonomia, oltre ogni logicalegata alle correnti». Eppure tra i parlamentari si ragiona invece su«una scelta complessiva», ovvero che tenga conto degli equilibriinterni pesando i ruoli a Camera e Senato. A Montecitorio il gruppo èa rticolato tra varie anime dem e le possibilità sono diverse da Paola De Micheli a Debora Serracchiani fino ad Alessia Morani e Marianna Madia. Al Senato le cose sono più complicate anche per la presenza corposa di parlamentari di Base Riformista. Nel caso di un cambio, la senatrice di area più riconoscibile sarebbe stata Simona Malpezzi che però è impegnata al governo. C’è poi l’ex-ministra Valeria Fedeli, che da alcuni senatori viene data in pole. Ed ancora Anna Rossomando, che è vicepresidente del Senato e neonominata in segreteria da Letta,vicina ad Andrea Orlando. E infine Roberta Pinotti, figura autorevole, di Areadem di Dario Franceschini. Enrico Letta è stato intervistato anche dal quotidiano spagnolo La Vanguardi. Il segretario del Pd ha parlato di alleanza future e di governo: «i M5S deve entrare a far parte dellacoalizione di centrosinistra, lo dicono i numeri. La destra, tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, supera il 40%. Per vincere dobbiamo formare una grande alleanza in cui deve stare il M5S,che ha fatto un’evoluzione europea molto importante e positiva».  La disponibilità di Giuseppe Conte a guidare il Movimento per Letta è  «una buona notizia e sono certo che ci capiremo bene  il mio compito è anche quello di aprire questa alleanza atutti coloro che hanno lasciato il PD». Alla inevitabile domanda su  Iv di Matteo Renzi la risposta è stata secca:«Dipende da loro. Sono disposto a dialogare con tutti».  E intanto registra il ritorno tra le fila dei Dem di Eugenio Cominicini, che in un lungo post su Fb ha motivato la sua decisione di lasciare Iv per rientrare nel Pd.