Così compatta la maggioranza non è mai stata dal giorno della sua nascita. L'opportunità, la necessità, l'obbligo imprescindibile di proseguire con il governo preseduto da Mario Draghi sono proclamate con toni quasi identici da tutti: da Berlusconi a Conte, da Letta a Salvini. Chi tace, la Iv di Renzi e la LeU non si sa più di chi, la pensa allo stesso modo e lo fa capire. La linea è chiara. Il senso e il significato della stessa tanto confuso che diversi e non ingenui analisti ne danno interpretazioni opposte.

I punti interrogativi si sprecano. Per esempio: il corale pronunciamento è motivato più dalla necessità di non lasciare vacante palazzo Chigi o dall'evitare una presidenza Draghi? E ancora: l'accorato appello serve a evitare le elezioni nel 2022 o invece a provocarle? E infine: il no alla presidenza Draghi prelude alla ricerca di un'intesa su un altro nome oppure i partiti si preparano ad affrontare il delicatissimo passaggio alla cieca? Sono domande lecite, anzi inevitabili, che però non possono avere risposte chiare. Perché ciascuno è mosso dai propri calcoli e dai propri interessi, che non coincidono con quelli degli altri che se sfociano nella stessa conclusione. E perché nessuno, tranne forse Berlusconi, ha in mente una strategia e quindi tutti sono costretti a muoversi giorno per giorno.

Di certo i partiti sono spaventati da una presidenza Draghi. Sanno perfettamente che il loro ruolo ne uscirebbe fortemente limitato. Forse Draghi non sarebbe più il commissario che è ora ma ci andrebbe vicino. Allo stesso tempo l'impennata della pandemia consiglia a tutti di mantenere tutto inalterato ancora per il prossimo anno. Ma anche qui le strategie poi divergono, perché c'è chi punta a liberarsi di Draghi, possibilmente sponsorizzandolo come prossimo presidente della Commissione europea ché un amico a Bruxelles non guasterebbe, e quelli che invece considerano l'ipotesi di prolungare il mandato del premier anche dopo le elezioni del 2023, se il responso delle urne aprirà un varco in quella direzione.

Le elezioni, poi, nessuno le vuole e quasi tutti le vogliono. Gli unici non scissi come casi clinici sono Berlusconi, che mira alla presidenza e quindi deve rassicurare davvero i parlamentari tutti e Renzi, che uscirebbe dalle urne annientato. Conte ha tutto l'interesse a votare presto, Letta quasi pure, per Salvini potrebbe essere una via d'uscita più sicura che non il farsi logorare in maggioranza per un altro anno. La realtà è che nessuno, salvo Berlusconi e Renzi, sa se vuole evitare le elezioni o se non convenga invece accelerarle.

Sulla candidatura alternativa a Draghi il buio è anche più fitto. Per ora non c'è. Per ora nessuno la cerca. Senza Draghi in campo prima di fare qualsiasi passo bisognerà sgombrare la strada dal candidato Silvio, che non ha alcuna intenzione di mollare, ma il passo necessario potrebbe non essere indolore, potrebbe anzi rendere il prosieguo ancora più complicato. La realtà è che molti, ma non tutti, sperano ancora nel bis di Mattarella, in una scelta cioè che congelerebbe la situazione permettendo di rinviare la decisione a quando tutto sarà più chiaro, tra due o tre anni. Il Pd punta a quell'esito ma anche solo per provarci avrebbe bisogno di un sostegno del centrodestra che al momento non c'è. E che difficilmente ci sarà perché i partiti di quella coalizione hanno interessi e tempi molto diversi tra loro.

La pandemia complica tutto. Perché nessuno sa come staranno le cose fra due mesi e l'incertezza permette di vagheggiare scenari ipotetici di ogni tipo: di fronte a una crisi grave, Mattarella insisterebbe nel suo no alla rielezione? E di contro, se Draghi, a gennaio, potesse vantare il superamento quasi indenne della ' quarta ondata' sarebbe ancora possibile negargli il Colle?

I proclami di questi giorni non devono ingannare. I partiti stanno tutti giocando a mosca cieca. Il no a Draghi va tradotto in un più realistico ' speriamo che non sia necessario eleggerlo come potrebbe essere'. Ma è un gioco pericoloso. Il sistema italiano potrebbe trovarsi con un presidente di parte e debolissimo da un lato, con un governo paralizzato dalla guerra tra partiti in piena campagna elettorale dall'altro. Con un Draghi tenuto alla larga da Quirinale ma con un governo in ginocchio e forse caduto comunque. Sarebbe un capolavoro.