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CARLO NORDIO MINISTRO GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Una giornata fitta di incontri, a Palazzo Chigi, nel segno della giustizia e della politica di coalizione. Giorgia Meloni ha scandito il lunedì con una serie di riunioni su temi diversi: il piano per fronteggiare l’emergenza carceri, l’iter della riforma costituzionale della giustizia e, in serata, il vertice del centrodestra con Salvini e Tajani per provare a chiudere le candidature del centrodestra in vista delle Regionali.
Con il Veneto a fare da cartina di tornasole dei nuovi equilibri nella coalizione. Particolarmente significativo il faccia a faccia con il ministro della Giustizia Carlo Nordio: sul tavolo, due dossier paralleli ma non indipendenti tra loro: da un lato la riforma costituzionale con la separazione delle carriere tra pm e giudici, che oggi sarà approvata in seconda lettura dall'aula del Senato; dall’altro il decreto carceri, atteso nel Consiglio dei ministri sempre nella giornata di oggi.
Emergenza carcere: il piano di Via Arenula
Un provvedimento necessario, anche alla luce dei numerosi episodi di suicidio in cella — l’ultimo solo ieri — che continuano a far mantenere i riflettori puntanti sull’insostenibilità dell’attuale sistema penitenziario. Il piano a cui, secondo alcune anticipazioni, lavora via Arenula prevede un decongestionamento degli istituti di pena attraverso la realizzazione di circa 10mila nuovi posti: nuove strutture modulari da installare negli spazi aperti delle carceri esistenti e padiglioni aggiuntivi, da Milano Opera a Rebibbia.
Accanto all’edilizia penitenziaria, però, il decreto conterrà anche misure alternative per detenuti non pericolosi e in dirittura d’uscita: circa 10mila le persone che potrebbero tornare in libertà o essere dirottate in comunità, nel caso di tossicodipendenti. L’incontro tra Meloni e Nordio è servito anche a limare il testo del provvedimento, che da tempo viene definito “in dirittura d’arrivo”. Ora, finalmente, sembra esserci l’accelerazione politica per chiudere.
Prima di Nordio, aveva varcato l'ingresso della sede del governo il presidente della Conferenza delle Regioni e del Friuli Venezia-Giulia, Massimiliano Fedriga. Tema: il nodo dei bilanci regionali, su cui il governatore del Friuli ha chiesto di valutare con il ministro Giorgetti una norma ad hoc per evitare impatti negativi in vista della scadenza del Pnrr. Fedriga ha escluso un rinvio delle Regionali e un election day, precisando che «ogni Regione sta procedendo autonomamente».
A rendere ancora più stringente il calendario, c’è il fatto che in autunno si voterà in cinque regioni: Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Marche. Ed è proprio su questo fronte che si è chiusa la giornata politica di Meloni, con il vertice tra i leader del centrodestra. Un faccia a faccia serale — ancora in corso al momento in cui scriviamo — con i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, e con Maurizio Lupi per Noi Moderati. L’obiettivo: sciogliere i nodi sulle candidature, a cominciare da quello più spinoso, il dopo-Zaia in Veneto.
Il governatore uscente non si è ancora sbilanciato sul suo futuro, ma non è esclusa una sua candidatura alle politiche in un collegio uninominale, magari proprio nel caso in cui il vice di Salvini, Alberto Stefani, corresse per la presidenza della Regione, liberando così un posto a Montecitorio. FdI non ha mancato di rivendicare il ruolo di primo partito della coalizione, facendo presente che potrebbe avanzare nomi di rispetto come i senatori Raffaele Speranzon e Luca De Carlo. Ma come è noto la Lega insiste con i propri candidati “territoriali”, dal sindaco di Treviso Mario Conte al vice di Salvini, Alberto Stefani. Tajani, intercettato dai cronisti davanti Palazzo Chigi, aveva ribadito che «l’unità della coalizione è fondamentale» e che il centrodestra «andrà avanti insieme ovunque».
Il vertice di ieri dovrebbe aver fatto progredire la situazione anche in Campania, dove sembra che il centrosinistra abbia già trovato la quadra su Roberto Fico. FdI punta forte su Edmondo Cirielli, che ieri ha incassato anche il via libera dei centristi. Intanto Zaia — che ha ribadito di non essere parte del tavolo delle candidature — ha fatto sapere che la sua lista personale sarà comunque presente: «Non è lesa maestà», ha commentato, «rappresenta un’ampia fascia di elettorato che spesso non vota centrodestra».