La difesa di Beppe Sala, il ritorno in pompa magna alle feste dell’Unità, con tanto di giri nelle cucine di berlingueriana memoria, il progetto di una “tenda” riformista da portare avanti, perché no, assieme al “regista” Dario Franceschini. L’estate di Matteo Renzi è quella di chi sta lavorando, ormai da mesi, per costruire l’alternativa al governo di Giorgia Meloni, e lo fa consapevole che per farsi “accettare” da un mondo che gli è stato per anni ostile, per usare un eufemismo, c’è da lavorare sodo.

«Un Paese civile è un Paese in cui le sentenze si fanno nelle aule giudiziarie e il garantismo si applica a tutti, avversari e amici - ha scritto ieri Renzi in difesa di Sala dopo l’inchiesta che lo coinvolge - Noi siamo dalla parte della giustizia, non del giustizialismo. Per questo diciamo a Beppe Sala: vai avanti».

La linea è chiara: parlare a quel mondo dem che dal Jobs act alla scissione del 2019 con la nascita di Italia viva ha sempre considerato l’ex leader un traditore. Ma l’attuale segretaria Elly Schlein, ben più che i suoi predecessori, si è resa conto che c’è bisogno anche del senatore di Rignano per vincere la partita delle Politiche 2027, e allora ecco il via libera agli abbracci alla partita del Cuore, agli inviti alle feste dell’Unità, al gioco di sponda in Parlamento per mettere in difficoltà, almeno verbalmente, il governo.

Renzi dal canto suo ha preso la palla al balzo, da mesi va ripetendo che la sua è la sola opposizione a Meloni e un giorno sì e l’altro pure lancia attacchi contro la presidente del Consiglio, contro il suo ministro degli Esteri Antonio Tajani, contro il Guardasigilli Carlo Nordio. E si presenta poi alla kermesse dei dem lombardi e dialoga con Gianni Cuperlo, non certo il più renziano dentro al Pd, per poi girare per gli stand accolto da saluti, pugnetti, strette di mani a mo’ di ritorno del figliol prodigo.

È ancora presto per uccidere il vitello grasso, ma il 31 luglio si replica a Leccio, nella sua Firenze, con il presidente uscente Eugenio Giani che riceverà l’endorsement di Renzi per la ricandidatura (alla faccia dei 5 Stelle) e il 12 settembre a Milano, dove presenterà il suo libro. Ancora nessuna data fissata in Emilia-Romagna dove lo attendono il presidente ed ex sindaco riformista di Ravenna Michele De Pascale e il presidente dem Stefano Bonaccini. Ma le richieste, giurano dall’entourage renziano, sono molte.

Chissà se a Milano Renzi troverà ancora Sala alla guida della città, dopo il discorso di ieri in Consiglio comunale con il quale il primo cittadino ha strigliato la sua giunta ad andare avanti, altro che passo indietro. «Non si possono chiedere dimissioni per un avviso di garanzia perché questo vorrebbe dire tornare alla barbarie di Tangentopoli dove chi vinceva le elezioni o faceva l’assessore doveva comunque lasciare appena arrivava un avviso di garanzia», aveva detto Renzi giorni fa, «ma al di là della politica, lo dico con il cuore in mano, mi preoccupa che si blocchi Milano, che è la locomotiva del Paese».

Così come il Pd sarà la locomotiva del campo largo alle prossime elezioni, con Renzi che vorrebbe mettere su un vagone centrista che possa portare un buon 8- 10% di consensi alla coalizione, magari anche oltre quelli del M5S. Ci sta lavorando con Dario Franceschini, che ieri non l’ha negato parlando della necessità di «una forza moderata del centrosinistra che unisca e rafforzi un’area troppo frammentata». Insomma il figliol prodigo sta tornando, manca solo da uccidere il vitello grasso.