Ora che la crisi sembra “scemare” in un rimpastone o in un Conte ter senza traumi, una nuova preoccupazione surriscalda gli animi pentastellati: Maria Elena Boschi. Sì, perché i grillini, già provati dalle inevitabili concessioni a Italia viva, alzano un’ultima barricata sui nomi dei futuri ministri. Vada per Ettore Rosato, vada per Davide Faraone e vada per chiunque altro, ma il braccio destro di Renzi no. Una questione di principio più che una vera e propria battaglia politica, visto che con Boschi, volente o nolente, il Movimento 5 Stelle condivide da oltre un anno gli stessi banchi della maggioranza. Ma dopo la revisione del Recovery e il rischio di una futura attivazione del Mes, i grillini avvertono il bisogno di piazzare una bandierina. E Boschi, il nemico pubblico numero uno di un tempo, è lo strumento più adatto alla rivincita. L’ex ministra alle Riforme costituzionali del governo Renzi ed ex sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio sotto Gentiloni, però, dal rimpasto dovrebbe guadagnare una casella di peso: i Trasporti, probabilmente spacchettati dalle Infrastrutture che andrebbero invece a Graziano Delrio. Troppo importante quel Dicastero - da cui dovrebbero passare buona parte delle risorse del Recovery e da cui Italia viva potrebbe persino rilanciare il progetto del Ponte sullo Stretto - per non attirare gli appetiti di molti e le ire dei cinquestelle tornati duri e puri. «Boschi ministro? Bisogna essere coerenti. Ha troppi scheletri, no grazie», dice senza giri di parole il senatore Alberto Airola, ricordando il livore da tempo sedimentato nei confronti della capogruppo renzana alla Camera. «Boschi non può occupare alcun posto di governo a mio avviso. Ma questo lo penso anche di ministri come Paola De Micheli: una persona che dice che sui bus non si prende il Covid dimostra di essere inadeguata», aggiunge Airola, senza pensarci due volte. Ma l’esponente M5S più influente a dichiarare pubblicamente la propria avversione nei confronti di un ingresso di “Meb” nell’esecutivo è forse Roberta Lombardi, capogruppo in Regione Lazio e membro del Comitato di garanzia grillino. Al sol sentir parlare dell’ex ministra viene «l’orticaria», commenta Lombardi, che dice di provare . «Pena per il popolo italiano. Alla fine si riduce tutto a questo? Di nuovo?», si chiede l’esponente pentastellata, che però proprio grazie a Boschi e agli altri parlamentari di Italia viva manda avanti la baracca del governo Conte. Un esecutivo di cui certamente Lombardi non fa parte, ma che ha sempre difeso con le unghie e con i denti da qualsiasi tentativo di indebolimento o di delegittimazione. Questione di dettagli, evidentemente. In ogni caso, un’eventuale aggiunta della renziana all’elenco dei ministri non sarebbe «una sconfitta per il M5S», ci tiene a precisare la prima capogruppo alla Camera della storia pentastellata. «Non siamo certo noi a proporre Meb. Ma una sconfitta di Italia Viva perché alla fine sempre su quel sempre più ristretto numero di persone si gioca tutto».Ma se Lombardi attacca di sciabola, il sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa, sceglie di maneggiare direttamente la scimitarra: «Dico solo che sono pessimi», dice, a proposito degli alleati. «Hanno fatto tutto questo per far entrare al governo Boschi o Rosato? Con il rischio di mandare il Paese in stallo e ancor peggio ad elezioni. Se sciolgono le Camere come li diamo i ristori? Come facciamo gli scostamenti di bilancio? Cose da pazzi».L’insofferenza, e il senso di frustrazione per aver dovuto cedere all’onda d’urto renziana, è molto diffusa tra i parlamentari grillini. Da giorni ormai il gruppo appare sfaldato, con brigate pronte a scaricare persino Conte pur di non tornare al voto e assalitori pronti a scaricare persino Conte pur di non soccombere a Italia viva. E nell’anarchia più totale Maria Elena Boschi si trasforma in collante per tenere insieme le truppe. Il malcontento non risparmia nemmeno i vertici, con Nicola Morra che preferisce non commentare la notizia per evitare di creare ulteriori imbarazzi. «Meno parlo meglio è», dice il presidente della commissione parlamentare Antimafia. In effetti il silenzio, in questa situazione, appare la risposta più adeguata. Aprire un nuovo fronte senza ancora aver chiuso con certezza il primo, la crisi di governo, potrebbe non essere una buona idea.