Dopo i pensionati richiamati al lavoro in Molise e Veneto per far fronte alla carenza dei medici, ora la Toscana ricorre ai neolaureati, dunque non ancora specializzati, da formare e assumere con contratti libero professionali “formazione lavoro”, da impiegare nei pronto soccorso. Misure straordinarie, adottate dalla Regione, che attirano le critiche degli addetti ai lavori.

Pensionati e neolaureati in corsia, «ma sembra ci sia dimenticati dell'età di mezzo», ironizza Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Anaao Assomed, sostenendo che con queste misure «si sta perdendo di razionalità e lucidità», si sta prospettando «una sorta di sanità pubblica a basso costo» e «un'ulteriore deleteria precarizzazione» che mette a rischio i medici stessi, creando disparità, e la sicurezza delle cure.

In questo modo infatti «verrebbero assunti in regime libero professionale medici che poi dovrebbero procurarsi da soli tutte le tutele previdenziali e assicurative con proprie risorse: quelle tutele che oggi sono garantite all'interno del contratto. Il contratto infatti - ricorda Palermo - significa anche tutela per quanto riguarda gli orari di lavoro, i riposi, i tempi di lavoro massimo, ma anche sicurezza delle cure del cittadino. Chi preferirebbe essere operato da un chirurgo che ha lavorato tutta la notte rispetto a uno che ha riposato a casa e arriva fresco in ospedale?».

Sulla stessa linea anche la Fp Cgil Medici. «Non è come far lavorare chi è in pensione o assumere dottori stranieri, ma così si creano comunque medici di “serie A” e di “serie B”. È chiaro che non c'è la volontà di trovare i fondi per aumentare le borse di studio per le specializzazioni». Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil medici, commenta ad Adnkronos Salute la decisione della Regione Toscana. Per risolvere il problema della carenza di medici specialisti negli ospedali pubblici «occorre che tutti i soggetti coinvolti si siedano a un tavolo: l ministero della Salute, il Miur, le Regioni e i sindacati - suggerisce Filippi - Al momento ogni Regione va per conto suo perché c'è la necessità di rispondere a una vera emergenza, la carenza di medici specialisti come appunto nell'area del'emergenza- urgenza. Basta vedere quello che sta accadendo ultimamente: la Regione Piemonte ha messo a lavorare i medici di famiglia per i codici bianchi in pronto soccorso scegliendo però i “massimalisti”, ovvero quelli che hanno più di 1.500 assisti. Un chiaro favore fatto ai i medici di famiglia. Il Veneto ha deciso di richiamare in servizio i medici in pensione con ricchi contratti di collaborazione o di optare per l'assunzione di medici stranieri».